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Lavoro in Campania

Cresce il lavoro: ma non la qualità

Salgono gli occupati con qualifiche basse e retribuzioni non elevate

Cresce il lavoro: ma non la qualità

Guido Bourelly e Fabrizio Luongo

NAPOLI. Il mercato del lavoro in Campania mostra un buon stato di salute: aumenta l’occupazione, ma la qualità del lavoro peggiora. E aumentano i lavoratori che dichiarano di avere una busta paga più bassa. Andando infatti ad indagare più in profondità quest’andamento, si rileva che molte posizioni aperte riguardano situazioni per le quali non c’è bisogno di alcuna qualifica e con posizioni di bassi salari.

A sostenere queste analisi, la Fondazione per la Sussidiarietà che ha elaborato dati del sistema informativo Excelsior e l’indagine sulla condizione dell’occupazione realizzata dall’Istituto Piepoli, secondo cui gran parte degli italiani sono consapevoli che negli ultimi mesi il tasso d’occupazione è aumentato, ciononostante resta il clima di sfiducia (35 per cento) verso le politiche del governo, mentre il 29 per cento non ci crede.

A segnalare la caduta della qualità del lavoro anche il Rapporto sull’economia della Campania di Bankitalia: l’occupazione continua ad espandersi ma è sostenuta dall’aumento degli occupati con qualifiche basse e con basse retribuzioni. Guido Bourelly, presidente Piccola Industria Napoli, osserva che negli ultimi anni, l’occupazione a tempo indeterminato ha registrato un aumento significativo che tuttavia ha sollevato interrogativi riguardo la qualità dei posti di lavoro generati.

«Molte aziende, pur ampliando le proprie assunzioni, si trovano ad affrontare una mancanza di personale qualificato, capace di far fronte alle nuove sfide legate all’intelligenza artificiale e alla transizione digitale. Queste nuove tematiche non solo influenzano la competitività delle aziende, ma pongono anche la necessità di una formazione adeguata per i dipendenti: il gap formativo riduce il potenziale beneficio derivante dall’implementazione di strumenti avanzati e limita le capacità di innovazione e adattamento delle imprese. Un’altra statistica allarmante è quella fornita dall’Istat che mostra come un numero crescente di laureati e di top manager scelga di lasciare l’Italia in cerca di opportunità all’estero. Questa fuga di cervelli contribuisce ulteriormente a un panorama lavorativo in cui chi rimane nel paese non viene formato in modo efficiente. La conseguenza è una mancanza di competenze critiche nei settori emergenti che diventa un freno alla crescita economica».

Per Fabrizio Luongo, segretario Casartigiani Napoli, l’aumento dell’occupazione c’è ma è dovuto in questi mesi al lavoro stagionale e di bassa manodopera: «Sono lavori che servano a garantire il funzionamento dell’indotto dell’industria turistica, come ristoranti, bar, b&b. Si tratta di lavoratori che saranno sostituiti nel giro di pochi mesi per rinverdire la manodopera o perché gli stessi verificheranno l’insoddisfazione economica». Eppure, osserva Luongo, le buone opportunità non mancano: «L’artigianato stenta a trovare ancora oggi manodopera specializzata, come pasticcieri, gelatai, conoscitori di lingue straniere, ma anche impiantisti e acconciatori. I giovani preferiscono invece lavorare come parrucchieri nell’abusivismo domiciliare dopo un breve periodo di formazione per un veloce e facile guadagno a fronte di costi zero, complici clienti pigre e indolenti». 

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