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Il lavoro
31 Agosto 2024 - 21:40
Le aziende pronte a 20mila ingressi in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso
NAPOLI. Il lavoro? C’è. Anzi. A dar retta alle previsioni di assunzione dichiarate dalle imprese in Campania, ce ne sarebbe davvero molto. Dopo un 2023 chiusosi con il segno più davanti al numero degli occupati, infatti, nella regione il trend positivo delle assunzioni è confermato anche quest’anno, con le aziende che prevedono di assumere in tutto il territorio regionale poco più di 108mila lavoratori (al lordo delle uscite) nel periodo che va da agosto a ottobre. Un viatico che sembra ottimale in vista dell’autunno. Ovviamente a patto che si tramuti in realtà.
CRESCITA NETTA RISPETTO ALLO SCORSO ANNO. I dati, contenuti nell’ultimo Bollettino del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Anpal, che elabora le previsioni occupazionali, mostra una netta crescita degli ingressi nel mondo del lavoro rispetto allo scorso anno. Infatti, se si prende come riferimento il periodo che va da agosto a ottobre del 2023, nello stesso periodo di quest’anno le imprese prevedono di andare ben oltre: 108.220 gli ingressi previsti complessivamente, con un aumento delle assunzioni che nella regione arriva ad un saldo positivo di quasi 20mila unità (+19.920mila per la precisione). D’altra parte agosto è appena finito, ma già questo mese il mercato del lavoro ha mostrato una certa dinamicità. In attesa di avere i dati consuntivi del mese, non ancora disponibili, va tenuto conto che le imprese avevano programmato 25.350 ingressi.
SPAZIO SOPRATTUTTO NEI SERVIZI. Complice il periodo estivo, solo nel 15% dei casi le entrate sono state stabili, ossia con un contratto a tempo indeterminato o di apprendistato, mentre nell’85% sono state a termine (a tempo determinato o altri contratti con durata predefinita). Ad agosto le assunzioni si sono concentrate per il 69% nel settore dei servizi, con il turismo a farla da padrone (le maggiori opportunità nelle attività di alloggio e ristorazione), e per il 68% nelle imprese con meno di 50 dipendenti, con solo il 14% destinato a dirigenti, specialisti e tecnici. Una quota, quest’ultima, inferiore alla media nazionale (16%). Molto più indietro, invece, l’industria manifatturiera e le costruzioni. Per una quota pari al 67% delle entrate viene richiesta esperienza professionale specifica o nello stesso settore. Ad agosto, spiega ancora il Bollettino del Sistema informativo Excelsior, le imprese hanno riservato una quota pari al 29% per i giovani con meno di 30 anni; per una quota pari al 21%, invece, le imprese hanno previsto di assumere personale immigrato. Agosto, infine, non è certo il mese dei laureati: solo il 10%.
LA CAMPANIA TRA LE MIGLIORI REGIONI D’ITALIA. I numeri del 2024 arrivano dopo quelli ottimi per la Campania del 2023, di cui hanno sicuramente beneficiato per un certo effetto trascinamento. Proprio la Campania ha fatto registrare uno dei dati migliori: tra il 2019 e il 2023, infatti, l’incremento dell’occupazione è stato del 3,6%.
BATTUTO IL VENETO, STRACCIATA LA LOMBARDIA. Se si allarga lo sguardo alle altre regioni, si scopre che non solo la Campania è quarta a livello nazionale, ma l’occupazione dalla pandemia a oggi è cresciuta nella regione a un ritmo superiore a quello del Veneto. Per non parlare della Lombardia, che dal confronto esce letteralmente con le ossa rotte. Se in Campania l’aumento dei lavoratori è stato del 3,6% e in Veneto di poco inferiore (+3,3%), infatti, la Lombardia è rimasta decisamente più indietro, fermandosi a un misero +1,1%.
IL FRENO DEL DIFFICILE REPERIMENTO DEL PERSONALE. Attenzione, però, perché non è tutto oro quello che luccica. È presumibile che soltanto una parte di queste offerte di lavoro dichiarate dalle imprese andrà poi effettivamente a segno, almeno nel periodo considerato. Le ragioni sono diverse, tuttavia tra le principali c’è sicuramente il nodo della difficoltà di reperimento del personale, sopratutto per quanto riguarda le imprese dell’artigianato. Il difficile reperimento del personale determina poi l’allungamento del tempo necessario per trovare la figura professionale ricercata, per non dire del fatto che spesso le aziende, anche a causa delle loro ridotte dimensioni, non possono sobbarcarsi gli oneri di formazione, per cui chiedono sul mercato persone già formate. Che poi è difficile trovare. Ecco perché poi tante occasioni di lavoro restano inevase. Il problema è particolarmente serio nel settore dell’artigianato, dove tutto ciò si traduce in costi aggiuntivi. Un’analisi dell’Ufficio Studi su dati Unioncamere-Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in relazione alle ricerche più difficoltose per cui si impiegano oltre sei mesi, stima un costo del mismatch per le micro e piccole imprese di 13,2 miliardi di euro, pari allo 0,81% del valore aggiunto. In particolare, a livello regionale si evidenzia il maggior costo per le piccole e medie imprese in Lombardia con 3.307 milioni di euro, Veneto con 1.432 milioni, Emilia-Romagna con 1.389 milioni, Lazio con 1.196 milioni, Toscana con 921 milioni, Piemonte con 881 milioni, Campania con 750 milioni e Sicilia con 511 milioni. in termini assoluti - dunque al netto delle cessazioni - di 58mila unità. Tuttavia, è molto interessante notare il particolare che l’ultimo anno ha segnato un’accelerazione del numero dei contratti in tutta la regione (al netto delle uscite), passando da un milione e 641mila occupati a un milione 684mila: un balzo che in termini assoluti vale ben 43mila unità in più, grazie al quale la Campania ha non solo recuperato, ma ha addirittura superato il numero di lavoratori che si registravano prima della pandemia, che erano un milione e 626mila, con una crescita pari a +3,6% assunti in media 118 lavoratori al giorno.
Insomma, nel recupero dei livelli pre-pandemici è stato decisivo il 2023. Quanto sia stata forte l’accelerazione lo dicono i numeri elaborati dall’Ufficio studi della Cgia, l’associazione artigiani e piccole imprese di Mestre: lo scorso anno nella regione si è andati avanti ad un ritmo medio di 118 assunzioni aggiuntive al giorno, domeniche e festivi compresi. Una quantità davvero notevole, che ha consentito alla Campania di aggiudicarsi il quarto posto della classifica delle regioni italiane per quanto riguarda l’incremento degli occupati. battuto il veneto, stracciata la Lombardia. Se invece si allarga lo sguardo all’intero periodo che va tra il 2019 e il 2023, si scoprono altre cose interessanti. A cominciare dal fatto che non solo la Campania è quarta a livello nazionale, ma l’occupazione dalla pandemia a oggi è cresciuta nella regione a un ritmo superiore a quello del Veneto. Per non parlare della Lombardia, che dal confronto esce letteralmente con le ossa rotte. Se in Campania l’aumento dei lavoratori è stato del 3,6% e in Veneto di poco inferiore (+3,3%), infatti, la Lombardia è rimasta decisamente più indietro, fermandosi a un misero +1,1%. Non solo in termini percentuali, ma anche in termini assoluti in Campania sono stati creati più posti di lavoro che nella “mitica” regione del Nord: +58mila contro +50mila. È chiaro che questo è anche il frutto del fatto che la crisi indotta dal Covid- e poi del post-Covid - in Lombardia si è fatta sentire più che altrove (la regione è stata l’epicentro della prima fase del contagio in Italia), tuttavia il dato sorprende. Anche perché il Veneto, altra regione colpita dal virus molto duramente, ha mostrato di rialzarsi molto più rapidamente, creando 72mila posti di lavoro in più rispetto al 2019. Con il suo +3,6%, il ritmo della crescita occupazionale della Campania è stato superiore alla, media sia del Nord-Est (+1,7) che del Nord-Ovest (+1%) e del Centro (+2%). Infine, va evidenziato come la crescita occupazionale della Regione non si è accompagnata a un miglioramento della condizione contrattuale degli occupati. Gli ultimi dati sulla posizione professionale degli occupati resi disponibili dall’Istat a livello regionale e riferiti al 2022, evidenziano come l’incremento occupazionale sia avvenuto Lo stato di salute dell’economia e dell’occupazione in Campania grazie alla crescita del lavoro dipendente (+2,1% tra 2019 e 2022), mentre il lavoro autonomo non ha ancora recuperato i livelli pre-pandemici (-2,5%).
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