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Camorra

Boss libero dopo 19 anni riorganizza il clan: 42 indagati, 35 arrestati

In passato legato alla fazione Bidognetti dei Casalesi, guidava il nuovo gruppo

Boss libero dopo 19 anni riorganizza il clan: 42 indagati, 35 arrestati

Boss libero dopo 19 anni riorganizza il clan: 42 indagati, 35 arrestati

Un boss tornato in libertà dopo 19 anni di detenzione aveva ripreso a svolgere attività illecita per affermarsi nuovamente sul territorio senza sottostare al clan dei Casalesi. È questa una delle risultanze investigative di un'inchiesta della Direzione distrettuale Antimafia di Napoli che ha portato questa mattina a 42 arresti eseguiti nella provincia di Caserta.

Era Aldo Picca, in passato legato alla fazione Bidognetti del clan dei Casalesi, a guidare il nuovo clan, che porta anche il suo nome.

I dettagli dell'operazione sono stati svelati nel corso di una conferenza stampa alla presenza del procuratore di Napoli Nicola Gratteri e del comandante provinciale dei carabinieri di Caserta Manuel Scarso. Le indagini, condotte dal 2021 al 2023, hanno riguardato la struttura della criminalità organizzata nei territori di Teverola e Carinaro, dove i carabinieri del comando provinciale di Napoli hanno dato esecuzione a un'ordinanza applicativa di misura cautelare emessa dal gip del tribunale di Napoli.

Sono 32 le persone finite in carcere, tre quelle agli arresti domiciliari, mentre per altri sette indagati è stato disposto il divieto di dimora in Campania. I reati contestati a vario titolo sono quelli di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, intestazione fittizia di beni, riciclaggio, autoriciclaggio, detenzione di armi, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti.

Le attività illecite accertate consistevano sia nelle estorsioni a danno di imprenditori e titolari di esercizi commerciali che nell'imposizione di istituti di vigilanza privata ad attività commerciali presenti sul territorio e di slot-machine in bar, locali e sale slot, la cui fornitura era devoluta a società a loro riconducibili o compiacenti. Nel corso dell'attività investigativa è stato anche accertato il tentativo di imporre i servizi di onoranze funebri. 

I metodi adoperati si incentravano sulla «capacità di intimidazione - si legge in una nota a firma di Gratteri - scaturente dalla consapevolezza della pervasività di un potere spregiudicato a cui prestare acquiescenza: un sistema, in altre parole, del tutto alternativo al complesso di regole disciplinanti la comune convivenza e che ripete la sua forza dalle capacità “militari", compresa quella di resistere anche ai pubblici poteri e alla forza della legge».

Nella nota di Gratteri si parla, inoltre, di una agevolazione dovuta a un «clima di omertà che, purtroppo, ancora aleggia in parte degli imprenditori per timore di subire atti ritorsivi contro i propri esercizi commerciali, contro la propria persona o quella dei propri cari».

Il sodalizio disponeva anche di armi che servivano sia come «strumento efficace di intimidazione» che «per dirimere controversie all'interno dei circuiti criminali». È anche diffusamente emerso, tra l'altro, come l'associazione traesse buona parte dei suoi introiti illeciti dalla compravendita di una svariata quantità e qualità di sostanze stupefacenti, «quasi in regime di monopolio», è stato precisato, riuscendo, nel breve tempo, a saturare di cocaina, hashish e marijuana i territori di competenza. Numerosi erano gli assuntori che si rivolgevano agli indagati per acquistare, anche più volte al giorno, le diverse droghe.

Sono stati anche registrati casi di acquirenti che, non rispettando i pagamenti - consentiti anche attraverso Pos portatili - e le scadenze pattuite, venivano poi resi vittime di pestaggi e privazioni di beni personali. Contestualmente all'esecuzione dell'ordinanza di custodia, nei confronti di alcuni destinatari del provvedimento è stato notificato un decreto di sequestro di alcuni beni mobili e quote societarie a loro riconducibili per un valore di oltre 1 milione di euro.

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