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29 Settembre 2024 - 10:04
Guido Bourelly
NAPOLI. Le immagini dei giovani che non hanno voglia, non lavorano e non sono inseriti in un percorso formativo o di istruzione professionale non sembra essere del tutto vera. Almeno in Campania, come evidenzia il rapporto “Lost in transition” del Consiglio nazionale dei giovani, redatto con il supporto tecnico dell’Iref, secondo cui la metà dei ragazzi tra i 15 e i 29 anni, non inseriti in percorsi formativi o professionali, dichiara di essere indipendente dal punto di vista economico tramite lavori irregolari.
Solo nelle aree più urbanizzate della Regione, come Napoli e Salerno, la quota dei giovani che avendo maggiori opportunità lavorano come invisibili supera l’80 per cento. La Campania è tra le regioni dove questo fenomeno è maggiore: pure di entrare in un mondo lavorativo precario, e non rimanere inoccupati, i giovani scelgono un’occupazione più attrattiva ma con figure professionali e retribuzioni basse ma immediate. Si tratta di camerieri, barman, operai e lavoratori agricoli, che mediamente solo nel 9 per cento dei casi vengono remunerati talmente poco che “non ci si accorge dello stipendio”.
Secondo le rilevazioni Istat degli ultimi anni la percentuale di giovani Neet in Italia è molto più elevata rispetto al resto d’Europa, 23,1 per cento rispetto al 10,8. Il dato peggiore si presenta nelle regioni del Sud, in particolare Sicilia e Campania, dove la soglia dei Neet sfiora il 30 per cento e quasi 360mila giovani sono emigrati al Centro-Nord. Sono però oltre 44mila le aziende che nel quinquennio 2018-2022 hanno deciso di investire in Campania con contratti green jobs preceduti da percorsi formativi.
Per diminuire il gap la Regione ha messo in campo numerose iniziative nel campo della formazione e ad ogni livello a supporto della formazione dei ragazzi. Sono percorsi adatti a giovani studenti con buona disponibilità economica che vogliono mettersi in gioco nel campo della logistica, meccatronica, benessere, estetica; corsi formativi che garantiscono in Campania un’occupabilità dell’80 per cento.
«I corsi formativi sono un toccasana per tutti», spiega Guido Bourelly, amministratore di un’azienda di servizi di trasporto sanitario, nonché presidente del Gruppo Piccola Industria di Napoli. «L’Italia sta attraversando una forte carenza di personale qualificato nei servizi di trasporto sanitario ed i posti vacanti sono diverse decine di migliaia. Non è però un problema solo italiano. Ciò che allontana il giovane dalla professione è l’acquisizione del titolo di autista e, successivamente, la mancanza di un’adeguata formazione professionale. La rimozione e il soccorso stradale richiedono un alto livello di competenza e preparazione, ma le difficoltà di reclutamento si stanno rivelando un ostacolo insormontabile per le imprese» dice Bourelly.
«Si tratta di un settore che deve garantire la mobilità e la sicurezza dei pazienti, fare affidamento su personale preparato, in grado di gestire veicoli complessi e di rispondere prontamente alle emergenze. Purtroppo, anche la forza lavoro sta invecchiando e il personale disponibile fatica a sostenere i ritmi di lavoro richiesti, riscontrando difficoltà nell’affrontare turni prolungati e situazioni di stress. Sono autisti che hanno superato i 50 anni di età, molti dei quali di origine straniera aggiunge Bourelly -. Solamente il 18,1 per cento dei conducenti ha un’età inferiore ai 40 anni. La situazione è allarmante e richiede attenzione sia da parte delle aziende del settore che delle istituzioni. Questo è l’appello che facciamo alle istituzioni: attuare politiche in grado di favorire l’entrata di nuove forze nel mercato del lavoro, migliorando le condizioni nel settore del trasporto sanitario per renderlo attrattivo. Solo così sarà possibile garantire servizi di qualità e sicurezza per la popolazione».
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