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I dati
18 Gennaio 2025 - 11:09
Nel riquadro Emilio Alfano di Confapi Campania
A Napoli almeno il 20 per cento dei lavoratori è a nero, un’attività su tre viene svolta da irregolari. Un triste primato rappresentato dai cosiddetti invisibili che ogni giorno si recano nei capannoni, nei cantieri o nelle case per prestare la propria attività lavorativa. Non si tratta solo di persone che versano in condizioni di particolare fragilità sul piano economico-sociale, sono anche lavoratori che fanno il secondo o terzo lavoro per integrare le entrate e arrivare a fine mese. Numeri elevati che dilagano maggiormente d’estate nei ristoranti, nei bar e perfino strutture extralberghiere fino a raggiungere il 50 per cento degli addetti con un tasso d’irregolarità altissimo e che fa lievitare il fatturato del sommerso. Un fenomeno che durante l’anno si riscontra soprattutto nell’edilizia e nella subfornitura, i settori con il maggiore numero d’irregolari che sfuggono ai controlli. «È un fenomeno endemico a Napoli così come lo è nel resto del Paese», dice Emilio Alfano (nel riquadro) di Confapi Campania. «Soprattutto perché le gare d’appalto vengono bandite con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa in cui non è prevalente il costo del lavoro. E le imprese, soprattutto quelle di piccole dimensioni della subfornitura, pur di accaparrarsi il lavoro, eludono sia paghe contrattuali che i versamenti dovuti. È un sistema che lo Stato dovrebbe rivedere prevedendo alcuni vincoli, come il requisito della conformità agli indici di congruità, il corretto versamento ad Inps e Inail dei contributi, i quantitativi di lavoro e di contratti firmati dalle organizzazioni più rappresentative» dice. Secondo Assolavoro e Datalab, è la Campania con il 6,2 per cento la regione con il più alto valore aggiunto dal lavoro irregolare in Italia dopo la Calabria con il 16,5. Anche secondo la Cgia, Calabria e Campania occupano le prime due posizioni in Italia rispettivamente con il 19,6 e 16,5 per cento di presenze irregolari nel circuito del sommerso. Un numero alto attivo soprattutto nell’Agro nocerino-sarnese e nell’area di Villa Literno. Sfruttando lo status irregolare dei migranti, gli imprenditori coinvolgono i lavoratori senza garantire contratti regolari, pagando salari bassi e innescando una serie di problemi legati all’alloggio, ai trasporti e ai servizi sociali. Tuttavia non va dimenticato che spesso queste condotte criminali sono indotte, non solo al Sud, dalla struttura del mercato agroalimentare che, spesso, è monopolizzata da poche imprese della grande distribuzione che continuano a spremere i piccoli agricoltori, che per rimanere sul mercato sono costretti a ridurre gli stipendi della manodopera, alimentando così ancor più il sistema del caporalato. Secondo Assolavoro e Datalab solo a Napoli i contributi non versati ammontano ad oltre un miliardo di euro su pensioni ed assicurazioni sul lavoro: come dire gli illeciti riguardano due aziende su tre da lavoratori che non hanno tutele, diritti e retribuzioni previste dalla legge e che rischiano di rimanere dentro un sistema fatto di sfruttamento. Eurispes dice che è una condizione che deriva dalla vicinanza delle coste nordafricane e medio orientali, dal diffondersi di nuovi conflitti in aree medio-orientali che generano una sorta di effetto “rimbalzo” dei flussi migratori tradizionali in entrata facendo prendere loro nuove direzioni e, tra queste, quelle verso l’Europa del Sud. Con la legge di Bilancio 2025 c’è il Fondo per il contrasto del reclutamento illegale della manodopera straniera: una dotazione di 500mila euro per ciascuno degli anni 2026 e 2027 rivolto ai fenomeni di reclutamento illegale della manodopera straniera, con particolare riferimento all’impiego irregolare di ospiti delle strutture temporanee, o nelle strutture del sistema di accoglienza e integrazione. Ma riesce nell’impresa?
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