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Dazi Usa, a rischio il vino campano

Assieme alla farmaceutica e al manifatturiero sarebbe il settore più colpito

Dazi Usa, a rischio il vino campano

NAPOLI. Anche i vini della Campania potrebbero pagare un caro prezzo nella guerra economica che si è aperta con l’annuncio da parte del presidente Usa, Donald Trump, dei dazi annunciati anche ai prodotti dell’Unione Europea. L’introduzione di nuovi balzelli statunitensi potrebbe colpire ulteriormente l’export campano, con effetti potenzialmente devastanti per il settore agroalimentare. Gli altri due comparti sono il farmaceutico e il manifatturiero con una forbice compresa tra il 20 e il 35%. Nel comparto agroalimentare, i rischi più elevati riguardano l’olio d’oliva e la pasta che, gravati dalla sovrattassa, risulterebbero meno competitivi rispetto ai concorrenti esteri. La guerra economica di Trump è appena iniziata e a pagare sin da subito saranno le aziende.

Il comparto vinicolo non è immune ai dazi, ha precisato con preoccupazione Milena Pepe della Tenuta Cavaliere Pepe: «Il vino è uno dei settori del made in Italy maggiormente esposti in caso di dazi nel primo mercato al mondo. Ma il danno sarà doppio perché se vorranno inevitabilmente rimanere competitive dovranno assumersi gran parte dell’extra onere richiesto, visto che il mercato non è in grado di sostenerlo. In questo caso il danno sarà doppio perché lo subiranno anche i consumatori finali a causa dell’inflazione che tornerà a bussare con insistenza. Anche le esportazioni di vini potrebbero subire un taglio del 20%, mentre la mozzarella di bufala, per cui gli Usa rappresentano un mercato chiave, rischia una flessione tra il 15% e il 25%, con pesanti ricadute per le aziende del comparto caseario. Situazione potenzialmente critica anche nel manifatturiero (tessile con possibile calo di -12%) e artigianato (-30%). Se le misure protezionistiche americane venissero inasprite, la perdita complessiva per l’export regionale potrebbe superare circa il miliardo di euro, con effetti a cascata sull’intera filiera produttiva e occupazionale. Già provate dall’inflazione e dall’aumento dei costi energetici, le imprese potrebbero trovarsi costrette a ridimensionare la produzione o cercare nuovi mercati per compensare le perdite».

I MERCATI ESTERI. Per le imprese che esportano i mercati esteri rappresentano un fattore di crescita imprescindibile. Se infatti si analizzano i dati del Research Department di Intesa Sanpaolo, che monitora le performance dei distretti industriali, emerge che è la regione del Mezzogiorno con il maggior valore di esportazioni per un valore delle vendite all’estero che supera i 3,4 miliardi di euro.È però anche la regione che rischia di più con l’avvio dei possibili dazi. L’agroalimentare del Sud ha nel distretto del caffè napoletano una delle sue eccellenze in grado di trainare la crescita. Questa realtà ha fatto registrare, infatti, un incremento del 9,7% nell’export, con l’apertura a nuovi mercati ancora inesplorati come quello greco e di altri paesi emergenti o in ripresa del bacino mediterraneo. Crescono le esportazioni anche delle conserve di Nocera (+2%) e di quello alimentare napoletano (2,3%), quest’ultimo ha beneficiato della vetrina turistica degli ultimi anni. In calo, invece, sono le esportazioni di alcune delle eccellenze campane che in passato dominavano i mercati internazionali a partire da quella di mozzarella di bufala (-1%) e dell’agricoltura irpina (-5,%). In difficoltà anche i distretti manifatturieri tradizionali che non riescono a dare ampia efficienza alla loro catena del valore come quello della moda.

L’ABBIGLIAMENTO IN CALO. Il distretto dell’abbigliamento napoletano, storico fiore all’occhiello dell’industria campana, ha visto calare le esportazioni del 5,4%, superato in negativo dal comparto calzaturiero partenopeo che perde il 6,5%. Una crisi causata dalla mancanza di strategia di diversificazione commerciale che, invece, applicate in altri distretti del Paese si sono dimostrate capaci di risollevare la filiera e di aprire nuove opportunità di mercato all’estero.

LA FARMACEUTICA. Per quanto riguarda la farmaceutica campana, con la crescita record delle esportazioni del 33,9%, traina l’intero comparto meridionale (+16,8%), compensando i dati negativi del polo aerospaziale campano che ha fatto registrare un pesante -8,5%, diretta conseguenza di un restringimento dei mercati maturi europei ed occidentali, da sempre sbocco naturale di questa filiera. A conti fatti a guidare la crescita della manifattura meridionale, in generale e campana in particolare, sono proprio quei settori che risentiranno di più dei dazi statunitensi: il food e il farmaceutico. I dazi, infatti, influiscono sui prezzi di un mercato americano che, ad oggi, rappresenta ancora il più grande sbocco per il made in Italy che vale più di 70 miliardi di euro; un mercato che anche nel 2024 è cresciuto del 6,9%. Con la sua produzione di farmaci e vaccini, l’Italia, rappresenta un attore insostituibile nella rete globale della sanità, e per questo va difesa dalle minacce di protezionismo internazionale.

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