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23 Novembre 2025 - 09:21
Fico e Cirielli
Oggi e domani, oltre 12 milioni di campani, pugliesi e veneti, diranno da chi vogliono essere governati. Al momento – a parte la mini regione (122.700 abitanti) Valle d'Aosta, amministrata dagli autonomisti dell'Union Valdotaine – 13 sono a guida centrodestra, di cui una soltanto, il Veneto, è chiamata al voto in questo week end e 6 fanno capo al centrosinistra, 2 delle quali, però: Campania e Puglia, votano, per scegliere a chi affidarsi per i prossimi 5 anni. E non è detto che non scelgano di cambiare. Per cui, se dovesse riuscire a non perderle, Schlein dovrà farsi una passeggiatina a piedi dal Nazareno alla Basilica di Pompei per ringraziare la Madonna del Rosario per il miracolo ricevuto.
Fino a questo momento, niente è cambiato nelle Marche, come in Calabria ha rivinto il centrodestra e in Toscana si è confermato il centrosinistra. E anche in questo fine settimana – considerate le regioni impegnate – è difficile prevedere stravolgimenti drastici. L'unica perplessità è legata al fatto che i governatori uscenti: De Luca, Emiliano e Zaia, hanno dovuto passare la mano, avendo già esaurito i due mandati concessi dalla legge elettorale. E gli ultimi sondaggi, sembrano accreditare che, mentre la vittoria del centrodestra nel Veneto sembra essere scontata, molto più contendibili paiono essere: Campania e Puglia attualmente ospitate nel pollaio della sinistra. Per la chiarezza d'idee del candidato governatore Cirielli e la compattezza dimostrata dalla coalizione. Di fronte alle quali più che un “campo largo” quello di sinistracentro, è sembrato un ring ristretto, sul quale i presunti alleati, e in particolare De Luca e Fico, se le sono date di santa ragione. E dove, per ottenere il “via libera” alla candidatura del secondo la Palazzo Santa Lucia, la Schlein ha dovuto piegarsi al ricattto del primo che ha preteso in cambio la nomina del figlio Pietro – ex capogruppo Pd a Montecitorio – a segretario regionale del partito. Ma il peggio è che il candidato grillino nell'ultima settimana ha sciorinato il peggio del suo repertorio. Dopo aver partecipato – senza troppa fortuna – al confronto Sky con Cirielli, il giorno successivo è letteralmente scappato da quello Rai con tutti gli altri candidati governatori e, infine, è stato contestato in piazza dai sostenitori di “Potere al popolo”, per aver rifiutato di confrontarsi “al volo” con il loro leader, Granato.
Ma l'incompatibilità di carattere fra i due “galli” è proseguita ininterrotta per tutta la campagna elettorale. Tant'è che se, il grillino. non ha invitato De Luca al suo comizio di chiusura con i leader della coalizione; quest'ultimo lo ha ricambiato, non invitandolo alla conferenza stampa di fine mandato. E non detto che la conflittualità fra i due, finisca nel dopo elezioni. Anzi, considerate le polemiche e la diversità di vedute programmatiche per far crescere la Campania (le 21 pagine del “cosiddetto” programma, presentato da Fico sembrano più un elenco di titoli di giornale - senza sommari esplicativi - che un progetto di sviluppo), potrebbero risultare l’ennesimo durissimo “uppercut” deluchiano alla Campamia. E purtroppo, per lei, la segretaria Elly, già assediata, traballante e a rischio defenestrazione dovrà anche scusarsi per aver dato i numeri - domenica scorsa, intervenendo al 4° congresso dei Giovani Democratici a Napoli – dichiarando, con stramba e velleitaria sicumera “Regionali? Con Fico vinciamo noi, in Campania e nelle altre regioni al voto”. Dopo San Vincenzo è l'ora di San Roberto? Si è dimenticata, però, che, a quel momento, di regioni il centrodestra ne aveva già vinte 13 contro le appena 4 del centrosinistra. Per altro, tutte storicamente quasi sempre appannaggio della sinistra: Sardegna, Umbria, Emilia Romagna e Toscana. Sicchè, a conti fatti e, salvo sorprese, sempre possibili, dopo questa tornata elettorale le regioni governate dal centrodestra potrebbero essere 13, quelle di centrosinitra 6 e 1 autonomista. Non cambierebbe alcunché e tutto resterebbe tale e quale a prima. Ma già questo rappresenterebbe uno scossone - anzi no, una spallata - per quell'ibrido cattocomunismo-verde (di rabbia) Pd-M5s-Avs che “pretende” di rappresentare l'Italia “migliore”. Che purtroppo per lui - si è accorta che sono solo a caccia del potere sempre e comunque, meglio ancora se senza voto e magari - come hanno provato a fare stavolta - chiedendo all'Europa, la condanna dell'Italia che, a loro dire, avrebbe violato lo Stato di diritto. Ma anche a Bruxelles gli è andata buca. Ppe e destre unite hanno votato “no”. L'Italia migliore, insomma, li ha ripudiati. E l'Ue gli ha girato la faccia. Sicché, a mala pena, riescono a rappresentare se stessi. Altro che la grande lista sognata dal consigliere di Mattarella, Garofani, per abbattere la Meloni. Più che un sogno, un bisogno che dimostra la distanza esistente tra la Schlein e la sinistra che la sopporta ancora, ma non la supporta più. E soprattutto, non la considera più una possibile alternativa all'attuale premier.
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