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28 Ottobre 2018 - 17:48
Amedeo Mazzara, alleato di “Sandokan”, era stato condannato a venti anni per associazione di stampo camorristico. Ma i giudici gli hanno ridotto la condanna a nove anni
CASERTA. Già ai tempi di Antonio Bardellino, l’oramai settantenne Amedeo Mazzara (nella foto) era un uomo di punta della criminalità organizzata in Campania come accertato dalla Autorità giudiziaria.
Dopo aver scontato la pena, una volta rimesso in libertà, nel 2005, stringe uno storico accordo con l’allora capo del clan dei casalesi Francesco Schiavone, il famigerato “Sandokan”, per la spartizione dei profitti illeciti nella provincia di Caserta.
Così nacque, anche grazie alle esperienze delinquenziali maturate da Amedeo Mazzara nella sua ventennale militanza nella organizzazione camorristica denominata “Nuova famiglia”, una autonoma organizzazione camorristica. Un clan forte, quello dei Mazzara, grazie alla sua composizione verticistica, tutta di natura familiare, avendo al comando i tre fratelli, Amedeo, Nicola e Giovanni.
Cosi la direzione distrettuale antimafia dedica una articolata inchiesta al gruppo che come base ha il comune di Cesa, inchiesta che porta a condanne pesanti inflitte dai giudici di merito, prima dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, poi dalla Corte di Appello con pronunzia emessa il 19 ottobre del 2016.
Molti optarono per il rito abbreviato e le condanne alcuni anni fa sono divenute irrevocabili.
I tre capo clan e due degli affiliati, viceversa, seguirono la strada del rito ordinario. Le accuse erano quelle di associazione a delinquere di stampo mafioso, plurime estorsione e violazioni alla legge armi, tutto aggravato dalla recidiva reiterata e specifica di chi, come Amedeo Mazzara, ha segnato pagine importanti della storia giudiziaria in Campania.
All’esito del giudizio, la pena più alta inflitta proprio ad Amedeo Mazzara per il quale furono irrogati 20 anni, 18 anni a Nicola Mazzara, 15 anni e 3 mesi a Giovanni Mazzara, 13 anni a Giovanni Scaranno, infine 9 anni a Giuseppe Duilio.
Giunti al terzo grado di giudizio, le pene inflitte sono divenute tutte definitive, essendo stati rigettati i ricorsi proposti dalle difese, con una unica eccezione: la pena inflitta ad Amedeo Mazzara. Infatti, costui, prima ha ottenuto un provvedimento di separazione della sua posizione, poi, nonostante il procuratore generale Pietro Molino avesse invocato la inammissibilità della impugnazione proposta nel suo interesse, si è visto sorprendentemente ridurre la pena dai giudici di legittimità di ben 11 anni, circostanza questa veramente eccezionale, in quanto, come è noto, solo in casi rarissimi la Suprema Corte effettua direttamente riduzioni della pena, in questo caso anche di particolare consistenza.
Infatti, la Corte di Cassazione – seconda sezione penale -, presieduta da Mirella Cervadoro e che ha visto come relatore Ignazio Pardo, in accoglimento delle diffuse argomentazioni formulate in aula dagli avvocati Dario Vannetiello e Vincenzo Alesci, ha ridotto la pena di 20 anni inflitta ad Amedeo Mazzara dai giudici partenopei in quella di soli 9 anni. E così l’anziano boss può riavere la speranza di riassaporare il ritorno in libertà, auspicio che sarebbe stato molto difficile avere laddove la Suprema Corte avesse confermato la elevata condanna di anni 20 in precedenza inflitta, anche in considerazione della avanzata età del ricorrente.
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