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26 Aprile 2021 - 15:45
«A far liberare Ciro Cirillo fui io, lo feci perché mi chiese un favore l'allora segretario politico della Dc Flaminio Piccoli», ma «non ci fu una “trattativa" fra Stato, Brigate Rosse e Camorra, ci fu una “trattativa" fra la Democrazia Cristiana e la “Nuova Camorra Organizzata" di Raffaele Cutolo», che a sua volta «non trattò con le Br, semplicemente ne chiese la liberazione, e con la banda di Cutolo non si poteva scherzare».
A dirlo all'AdnKronos, a 40 anni dal rapimento di Ciro Cirillo, è l'ex 007 Francesco Pazienza. Cirillo, ex presidente Dc della Campania, ex assessore regionale ai Lavori pubblici, fu sequestrato dalle Brigate Rosse a Torre del Greco il 27 aprile del 1981. In quel momento presiedeva la commissione regionale incaricata di gestire gli appalti per la ricostruzione post-terremoto. La sua liberazione avvenne il 24 luglio del 1981 in un palazzo abbandonato a Poggioreale.
«Venni contattato dal mio amico Flaminio Piccoli, all'epoca segretario politico della Dc - racconta Pazienza all'AdnKronos - e mi disse “guarda un po' se su questa storia puoi dare una mano ad Antonio Gava". Io gli risposi “vediamo un po' cosa posso fare". Trovai un imprenditore che aveva fatto lavori per degli acquedotti in quel territorio e gli chiesi se conoscesse qualcuno. Lui mi introdusse nell'ambiente di Raffaele Cutolo. Mi prese un appuntamento con Vincenzo Casillo, detto “o nirone", numero due della banda Cutolo ma in realtà in quel momento numero uno perché Cutolo era in carcere».
Subito dopo Pazienza rivela: «Mi incontrai con Casillo in una casa privata vicino Napoli. Lui mi disse che sapevano già tutto, sapevano quello che le Br avevano fatto. Al che mi chiese “ma a chi devo fare questo favore?". Quando gli dissi che dovevano farlo alla Dc, Casillo mi rispose che a lui Gava stava sui c……, al che io gli risposi che il favore dovevano farlo direttamente al segretario politico della Dc Flaminio piccoli, una bravissima persona di cui ero amico, così come ero amico della moglie. Solo per questo me ne occupai, altrimenti non lo avrei fatto, non me ne fregava niente né di Gava né di Cirillo».
A quella richiesta, racconta ancora Pazienza all'AdnKronos, «Casillo disse “va bene". Neanche a loro fregava niente di Gava e di Cirillo, ma quando gli dissi che era un piacere che dovevano fare a Piccoli, lui mi rispose che farsi nuovi amici era un bene. E così mi invitarono a pranzo, c'era tutta la banda Cutolo. Ricordo ancora che ero seduto a capotavola e tutti loro avevano la pistola in vista sul tavolo. Casillo mi garantì che Cirillo sarebbe stato liberato in due settimane. Dopo 11 giorni era a casa».
Per Pazienza, però, «non ci fu una “trattativa" tra lo Stato, le Br e la camorra, no, ci fu una trattativa fra la Dc e la camorra. E non ci fu nemmeno una “trattativa" successiva fra la camorra e le Br. Secondo me la camorra, che aveva il controllo del territorio, evidentemente ha semplicemente detto ai brigatisti di liberare Cirillo altrimenti ci sarebbero state delle conseguenze. Con la Nuova Camorra Organizzata e di Cutolo non si poteva scherzare».
Quanto al coinvolgimento del Sismi nella vicenda Cirillo, Pazienza è tranchant: «Non è vero. Non ci fu. Parliamo di un periodo in cui io non ero più al Sismi. Nel luglio del 1981 avevo già mandato al diavolo tutti quanti quelli del Sismi. Ma credo si sia mosso il Sisde. Però a far liberare Ciro Cirillo fui io. Fui io a trovare il contatto con Casillo, e quando tornai a Roma andai immediatamente a riferire a Piccoli a casa sua a Monte Mario, e gli dissi che mi avevano assicurato che entro 15 giorni Cirillo sarebbe stato liberato».
Infine, Pazienza chiosa: «Si disse che fu pagato un riscatto con una somma di denaro messa insieme da Gava, ma io di questo non ne so niente. Credo, comunque, non ci sia più niente da scoprire sul caso Cirillo. Casomai, quello che c'è da scoprire riguarda la vera figura di Giovanni Senzani, il brigatista che organizzò il rapimento. Ma per quanto riguarda il fatto specifico della liberazione di Ciro Cirillo, non c'è più niente da scoprire».
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