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04 Febbraio 2025 - 15:59
Un percorso di studi nel campo interdisciplinare delle Digital Humanities (discipline umanistiche integrate con discipline informatiche) era già presente in Italia in più e differenti facoltà: all’Alma Mater di Bologna, con il corso interamente in inglese di “Digital Humanities and Digital Knowledge”; alla Ca’ Foscari di Venezia, con la laurea magistrale in “Digital and Public Humanities”; alle Università di Bari, Bergamo e Roma. A Napoli, un corso di laurea magistrale in “Digital humanities. Beni culturali e materie letterarie” è stato istituito nell’anno accademico 2022/2023 presso l’università, privata e legalmente riconosciuta dal MUR, Suor Orsola Benincasa. A partire dal corrente anno accademico, 2024/2025, anche l’Università Orientale, in collaborazione con l'ateneo della Parthenope, ha previsto per i propri studenti un corso di laurea magistrale in “Saperi umanistici e tecnologie digitali” (classe di laurea LM43), particolarmente incentrato sullo sviluppo tecnico-informatico della materia.
Questo corso mira a integrare competenze umanistiche e pratiche computazionali, preparando professionisti capaci di gestire, valorizzare e conservare contenuti digitali, con particolare attenzione al patrimonio culturale. Il programma offre due curricula:
• Tecnologie per l'industria culturale e creativa: focalizzato sulla redazione e revisione di testi tecnici, linguistici e lessicografici.
• Metodologie digitali per il patrimonio culturale: incentrato sulla rappresentazione e digitalizzazione di archivi culturali.
Ottavia Bozzetto, classe ’98, presenta un codice-matricola inusuale per uno studente comune, che la colloca tra i primi 25 iscritti del primissimo anno del secondo dei due curricula. Ha deciso di approcciare alla ricerca di un nuovo corso di studi spinta soprattutto dal fatto che “questo corso di laurea riuscisse a inglobare entrambe le mie competenze pregresse didattiche: una laurea triennale in lingue, culture e letterature straniere e un diploma scientifico”.
All’inizio, i dubbi e le incertezze non riuscivano ad esser vinti dall’attrazione per la novità, di base perché “le aspettative medio-basse erano una naturale conseguenza dell’incertezza degli esiti del corso, dell’assenza di feedback o di dati per valutarne l’affidabilità” ma, nonostante ciò, “sono stata piacevolmente sorpresa e soddisfatta della scelta perché, nonostante io abbia per ora vissuto e portato a termine solo il primo semestre, i corsi sono stati molto interessanti e i professori non sono stati da meno, soprattutto per quanto riguardava la loro preparazione”.
Finora, le lezioni seguite nel corso degli ultimi mesi sono state ampiamente in grado di dimostrare, con maestria, che due discipline così diverse tra loro, il mondo umanistico e quello informatico, hanno molti più punti di forza in comune di quanto si potrebbe immaginare e lo dimostrano, nel pratico del quotidiano, tutti quegli strumenti che la nostra “cecità informatica” spesso ci porta a sottovalutare: le riproduzioni in 3D (magari di siti storici), i traduttori automatici (come Google Traslate). Tra le materie più appassionanti finora studiate c’è “cybersicurezza”, per il resto è ancora tutto da scoprire.
Il terrore della stragrande maggioranza degli studenti interessata a nuove opportunità formative è non riuscire a trovare sbocco lavorativo; purtroppo, l’Italia risulta essere, ancora una volta, in leggero ritardo rispetto a molti altri paesi europei, che, con una crescente ricerca di figure professionali specializzate in Digital Humanities, sono riusciti a carpire (e a sfruttare) i vantaggi derivanti dal riunire il doppio stipendio di umanista e programmatore in quello singolo di una figura professionalizzata in entrami i domini (rendendo la situazione più proficua per il lavoratore e meno dispendiosa per il titolare). “Patrimonio culturale e beni archivistici, industria culturale e creativa, pubblica amministrazione e istituzioni culturali, didattica e ricerca… Sono solo alcuni degli sbocchi lavorativi che questa laurea ci offre”, spiega Ottavia, guardando al futuro.
Inevitabile la parentesi sulla tanto discussa Intelligenza Artificiale, sul suo ruolo e sui rischi e pericoli che ne derivano: “Non ritengo che l’AI possa essere una minaccia per le figure lavorative professionali; anche per quelle più a rischio, pensiamo ad esempio ai traduttori, bisogna ricordare che molti errori commessi dall’intelligenza tecnologica necessitano proprio di revisione tramite quella umana… Anche in questo caso, dovrebbe essere l’uomo in grado di sfruttare, furbamente, ciò che l’avanzamento tecnologico gli fornisce”.
Se dovessi consigliare questo corso a qualcuno, cosa gli diresti?
“Sicuramente il settore di cui parliamo è carico di sfide: essere sempre aggiornati sull’avanzamento di queste tecnologie, giorno per giorno, in maniera continua e costante, ma soprattutto essere in grado di poter contribuire in prima persona al suddetto sviluppo.” Al contempo, però, si acquisiscono skills trasversali e interoperabili in più domini, ricerche e studi: “Al conseguimento della mia laurea magistrale, sarò in grado di mettere in pratica mie conoscenze personali di studi umanistici sul versante tecnologico in modo completamente originale ed innovativo. Sento di appartenere ad un vero proprio switch culturale, che consente a me e ai miei colleghi di essere più aperti, rispetto a chi segue percorsi puramente informatici o umanistici, sia mentalmente sia nelle capacità pratiche (lavorative e future)”.
In Italia si è registrato un calo significativo nel numero di iscritti alle facoltà umanistiche. Secondo il rapporto Mete 2024 delle Acli, la diminuzione degli studenti in queste discipline è stata particolarmente evidente, con oltre la metà degli studenti mancanti concentrati nei corsi umanistici. Questo fenomeno è attribuito principalmente al calo demografico e all’aumento di popolarità (e di future possibilità di sbocchi lavorativi) delle facoltà scientifiche e tecnologiche, che conseguentemente hanno mostrato una maggiore resilienza, con un calo meno pronunciato rispetto alle discipline umanistiche. Questa tendenza ha sollevato non poche preoccupazioni riguardo al futuro delle discipline umanistiche e alla necessità di attrarre nuovi studenti verso questi percorsi di studio, ignorando il fatto che, così come è già ampiamente accaduto in passato, l’Università debba sempre essere in grado di plasmarsi, crescere, adeguarsi alle esigenze comuni e contemporanee degli studenti. In questo caso, le Digital Humanities riescono a proporre uno sviluppo fondamentale e di importanza epocale per le generazioni future, se queste, come Ottavia ed altri ragazzi stanno scegliendo di fare, sapranno cogliere l’opportunità di aprire la porta al futuro (senza però chiuderla a chiave al passato).
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