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26 Marzo 2025 - 18:37
ROMA. Non è soltanto il racconto di una mente geniale, ma l’occasione per restituire profondità al dibattito sul progresso. “Federico Faggin, l’uomo che vide il futuro”, in onda venerdì 28 marzo alle 23.10 su Rai 3 e disponibile su RaiPlay, è il documentario firmato da Marcello Foa – prodotto da ZetaGroup in collaborazione con Rai Documentari – che ripercorre la straordinaria traiettoria dell’inventore del microprocessore e del touchscreen, protagonista assoluto della Silicon Valley, oggi pensatore atipico e voce critica nel confronto tra tecnica e coscienza. Un film d’autore, nato sotto la precedente direzione editoriale, che oggi si carica di un nuovo significato alla luce della recente nomina di Luigi del Plavignano alla guida di Rai Documentari.
Per il neodirettore, è proprio questo il tipo di racconto che rappresenta il cuore della missione del servizio pubblico: “Questo non è solo un documentario biografico. È una riflessione profonda su chi siamo diventati e su dove stiamo andando – spiega del Plavignano –. In un tempo in cui l’intelligenza artificiale e gli algoritmi sembrano spingerci verso una società automatizzata, Faggin ci riporta all’essenza: il valore dell’umano, della libertà interiore, della responsabilità etica”. Il documentario attraversa le “quattro vite”di Faggin – infanzia, impresa, crisi interiore, visione – alternando materiali d’archivio, ambientazioni simboliche e voci familiari. Marcello Foa lo definisce “un ritratto in chiaroscuro”, costruito sul doppio registro del genio e dell’uomo inquieto. Una narrazione che rispecchia, idealmente, la visione del nuovo direttore: mettere in dialogo scienza e coscienza, tecnologia e pensiero, innovazione e spirito critico.
Del Plavignano ha già delineato le sue priorità: ampliare il pubblico del documentario, coniugare qualità e accessibilità, costruire percorsi narrativi capaci di generare consapevolezza. “Il nostro obiettivo – sottolinea – è raccontare storie che lasciano un segno, che aiutano a comprendere il presente e a orientarsi nel futuro. Non rincorriamo la cronaca, cerchiamo la profondità. E crediamo che la cultura possa essere una bussola, non un lusso”. Con “Federico Faggin, l’uomo che vide il futuro”, il servizio pubblico si conferma luogo di riflessione, spazio critico e custode della complessità. Un segnale, chiaro e urgente, in un tempo che rischia di dimenticare la domanda più semplice e più radicale: che cosa significa, davvero, essere umani?
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