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Attolini: l’eleganza, il mestiere, il futuro che rischia di restare senza mani

Da Napoli ai set di Hollywood, passando per capi di Stato e icone internazionali. La sartoria fondata nel 1930 è oggi guidata dai fratelli Giuseppe e Massimiliano

Attolini: l’eleganza, il mestiere, il futuro che rischia di restare senza mani

Casalnuovo, provincia di Napoli. All’ingresso, nessun clamore. Dentro, una sinfonia di gesti antichi: stoffe che scivolano, forbici che tagliano, mani che guidano il filo con una sicurezza lenta, precisa. In un tempo che brucia tutto, qui il tempo si cuce. Con pazienza. Con orgoglio. Con la convinzione che alcune cose si tramandano solo così. Benvenuti nella sartoria Attolini, fondata nel 1930. Oggi ci lavorano 160 artigiani, e ogni giacca – cucita interamente a mano – richiede 25 ore, ogni abito 33. Un sapere antico che non ha mai smesso di parlare al presente.

Un’eccellenza napoletana esportata in tutto il mondo: il 90% della produzione va all’estero, indossata da attori, imprenditori, capi di Stato. Tra le firme celebri: Jared Leto in House of Gucci, Toni Servillo in La grande bellezza. Ma per Giuseppe e Massimiliano Attolini, oggi, il vero tema non è il prestigio. È il futuro. “Non è facile trovare manodopera giovane”, dice Giuseppe Attolini. “Non perché non ce ne sia. Ma perché i ragazzi non vedono più in questo mestiere una possibilità. Cercano il guadagno facile, il successo veloce. Passano le giornate sui social, sognando di diventare influencer. E intanto, questo sapere rischia di sparire”.

La contraddizione è forte: la Campania è il secondo polo della moda in Italia, con 27.000 imprese e un fatturato che nel 2024 ha superato i 15 miliardi di euro. Ma il nodo è un altro: chi garantisce la continuità di questi mestieri? Chi aiuta davvero a costruire un ponte tra generazioni? “In azienda abbiamo fatto molto”, spiega Massimiliano Attolini, “abbiamo abbassato l’età media, investito in formazioni interne, assunto ragazzi. Ma da soli non possiamo fare tutto. Ci siamo sempre illusi che qualcuno dalla Regione venisse a chiederci: di cosa avete bisogno? Ma non è mai accaduto. E questo fa male, perché noi rappresentiamo Napoli nel mondo, ma nessuno ci ascolta a casa nostra”.

Per non arrendersi, i fratelli Attolini hanno deciso di agire. Con concretezza. Con visione. “Stiamo realizzando una scuola sartoriale interna”, annuncia Massimiliano. “Un luogo reale, operativo. Saranno i nostri artigiani a fare da maestri. Nessuna retorica: si impara facendo. Giorno dopo giorno, punto dopo punto”. Ma la scuola da sola non basta. “Servono strumenti veri”, sottolinea Giuseppe. “Programmi di assunzione legati alla formazione, defiscalizzazione per chi assume under 30, accesso al mutuo per i giovani che lavorano con contratto stabile. Perché se un ragazzo ha una prospettiva, se può costruirsi una casa, una vita, sceglie anche questo lavoro. Ma se non ha nulla, perché dovrebbe?”.

Poi si ferma un attimo. La voce si abbassa. Ma la frase arriva come una firma. “Noi italiani non siamo un popolo che consuma. Siamo un popolo che costruisce. Ma se ai giovani non diamo nulla da costruire, allora davvero perderemo tutto. Anche la nostra identità”. Nel frattempo, le giacche continuano a nascere. Una per volta. Con la stessa calma di sempre. Con le stesse mani. Mani che sanno cosa fanno. Ma che non sanno ancora chi verrà dopo.

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