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La notte dello scudetto Ferrigno scolpisce Conte e i giocatori

Il presepe di Napoli si aggiorna tra fatica, orgoglio e identità

La notte dello scudetto Ferrigno scolpisce Conte e i giocatori

NAPOLI. La festa era appena cominciata quando, tra i fuochi d’artificio e i cori, qualcuno in via San Gregorio Armeno ha abbassato la saracinesca. Non per chiudere, ma per mettersi a lavorare. Marco Ferrigno, maestro presepiale e custode di una delle tradizioni più iconiche di Napoli, ha passato la notte tra pennelli e terracotta per fare quello che a Napoli è naturale quanto respirare: trasformare la storia in arte popolare.

“Stanotte amma faticat”, dice Ferrigno con quella cadenza che mischia stanchezza e fierezza. E mostra il frutto delle ultime ore: una statuina di Antonio Conte con il quarto scudetto tra le mani, il volto serio e concentrato, il completo scuro addosso. Ai suoi lati, già modellati, Lukaku, McTominay e altri simboli della cavalcata azzurra. È il presepe napoletano che si aggiorna in tempo reale, come fa da secoli. “Conte ha restituito a questa città un senso di orgoglio, di ordine, di fatica. È arrivato senza proclami, ha lavorato in silenzio e ha vinto. Per me è bastato quello per sapere che doveva stare sul presepe. Non a dicembre. Subito”, racconta Ferrigno mentre sistema i dettagli di una miniatura.

A San Gregorio Armeno, dove ogni pastore racconta un pezzo di società – dal pizzaiolo al politico, dal santo al calciatore – il tricolore tra le mani di Conte non è un trofeo: è un simbolo. “Ogni scudetto ha un volto, e questo è il suo. È un titolo conquistato con il sudore, che parla alla parte più vera di Napoli: quella che non urla, ma lavora”, dice ancora Ferrigno. Nel quartiere, i turisti si fermano a fotografare la nuova statuina. Alcuni chiedono se sia già in vendita, altri si limitano ad annuire, come davanti a qualcosa che non ha bisogno di spiegazioni.

“Il presepe – spiega Ferrigno – non è solo tradizione. È un archivio emotivo. Racconta ciò che siamo, ciò che ci emoziona, ciò che vogliamo ricordare”. E Napoli, oggi, vuole ricordare. Vuole che resti scolpito, in miniatura e nella memoria, il volto di chi ha saputo riportare il tricolore sotto il Vesuvio. Non con le chiacchiere, ma con la fatica. Quella vera. Quella che anche Marco Ferrigno, nel cuore della notte, ha voluto onorare a modo suo. Con le mani sporche di colore e un presepe che continua a raccontare il presente.

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