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Renato Bozzaotra, il poeta della plastica

La sua installazione PlasticArte è un viaggio nell’essenza profonda della materia

Renato Bozzaotra, il poeta della plastica

NAPOLI. C’è una materia che resiste, che muta, che si lascia ferire e trasformare: è la plastica, ma solo quando incontra lo sguardo di chi la sa ascoltare. Renato Bozzaotra, artista, designer e ricercatore napoletano, ne ha fatto il centro di un’indagine che è insieme scientifica, spirituale e visionaria. La sua installazione PlasticArte, che è stata esposta negli spazi dell’hotel De Bonart di corso Vittorio Emanuele, è un viaggio nell’essenza profonda della materia, una riflessione poetica ed ecologica sulla natura dei materiali e sul senso stesso della trasformazione. Bozzaotra non plasma: evoca. Recupera scarti, bottiglie, frammenti, e li sottopone a calore, tagli, compressioni. Ma ciò che nasce non è mai oggetto: è traccia, è forma che ricorda, è memoria che si rigenera.

«La plastica – spiega – è un materiale vivo, duttile come un liquido, ma capace di strutturarsi, stratificarsi, diventare resistente. Ogni suo frammento è unico, non replicabile, e per questo va rispettato». Nella sua opera non c’è solo estetica: c’è teoria, filosofia, una scienza interiore. Bozzaotra parla di “tiche” e “sessacole”, elementi che compongono l’opera come fossero atomi narranti, nuclei dotati di senso autonomo. La sua ricerca si spinge fin dentro la struttura molecolare della materia, fino a intuire come ogni forma generata abbia una propria identità, da non alterare. «Una volta costruito, un pezzo non può essere manipolato – racconta –. Deve essere samoguardato».

L’installazione ospitata al De Bonart si snoda come un percorso mediterraneo, in cui la plastica, sottratta al destino di rifiuto, si fa linguaggio mitico e denuncia ambientale. Le forme create ricordano gusci, relitti, geometrie marine. C’è qualcosa di arcaico e insieme futuribile, come se la plastica avesse in sé una nostalgia di ciò che è stato e una tensione verso ciò che potrebbe essere. Bozzaotra invita a guardare oltre. Le sue opere non vogliono decorare, ma destabilizzare. Non tranquillizzano: chiedono. «Se vi ho incuriosito – conclude – sappiate che tutto ciò che ho detto con le parole, lo si può vedere con gli occhi». L’invito è a lasciarsi attraversare da PlasticArte, in silenzio. Perché l’arte vera non si spiega, si attraversa.

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