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L'iniziativa
03 Dicembre 2025 - 11:29
La presentazione regionale della guida “Osterie d’Italia” ha trasformato gli spazi di Avellino Scalo, il moderno presidio gastronomico nato nell’antico dopolavoro ferroviario del capoluogo irpino, in un vivace crocevia di voci, sapori e memoria. In Campania questa guida, da sempre punto di riferimento per chi ama la tavola di identità e radici, trova terreno fertile: nessun’altra regione può infatti vantare un numero così alto di Osterie “Chiocciolate”, autentiche sentinelle della cucina popolare e della tradizione domestica che racconta il territorio con rigore e sentimento. Giunto alla sua 36ª edizione, quello che molti definiscono il “sussidiario del mangiarbere all’italiana” di Slow Food Editore continua a custodire un’Italia fatta di gesti antichi, di cuochi che lavorano con dedizione e di produttori che, giorno dopo giorno, salvaguardano materie prime e biodiversità come fossero preziose reliquie contadine.
Nelle pagine dedicate alla Campania trovano spazio 169 osterie, tra le quali 39 insignite della Chiocciola, simbolo che celebra le tavole capaci di coniugare eccellenza culinaria, autenticità dell’ambiente e accoglienza sincera, sempre in armonia con la filosofia dell’associazione. A dare voce alla presentazione sono intervenuti Carlo Bogliotti, responsabile editoriale della guida, insieme ai coordinatori regionali Elvira Caccavale e Mario Punzi, mentre le riflessioni finali sono state affidate a Patrizia Spigno, presidente di Slow Food Campania, che ha tracciato il senso di questa edizione come un atto d’amore verso la cultura gastronomica locale.
Il pranzo, ricchissimo e colmo di memorie rurali, è stato un viaggio nella sapienza culinaria dell’Irpinia, affidato alle Osterie Chiocciolate del territorio: Antica Trattoria Di Pietro, Osteria dei Briganti, La Pignata, Osteria Valleverde Zì Pasqualina, Fontana Madonna, La Corte dei Filangieri, Hosteria le Gourmet, La Pergola e La Ripa. Da ogni piatto emergeva il ritmo profondo della cultura contadina, tra ricette dei giorni di festa e pietanze nate per scaldare il cuore più che per stupire. È stata una giornata gremita, densa di dialoghi, riflessioni e sapori condivisi, vissuta rigorosamente “chianu chiano”: con quella lentezza consapevole che dà spazio alla terra, al cibo e alle persone, e che resta la vera anima del movimento Slow Food e della sua guida più amata.
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