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Ritorno all'alba di “Gomorra": «Così Di Lauro cacciò i ribelli»

Ritorno all'alba di “Gomorra": «Così Di Lauro cacciò i ribelli»

NAPOLI. Un viaggio a ritroso fino all’alba di “Gomorra”. L’ex ras scissionista Gennaro Notturno, ultimo superpentito della camorra secondiglianese, è sempre più un fiume in piena. Tanto che uno dei suoi verbali contenuti nell’ordinanza che due giorni fa ha portato all’arresto di undici capiclan dei gruppi Di Lauro e Amato-Pagano finisce per svelare un retroscena che per anni era rimasto sotto traccia. Se era infatti cosa nota che i “vecchi” boss Raffaele Amato e Cesare Pagano non avevano affatto gradito la nuova reggenza del “cartello” da parte di Cosimo, inedito è invece il fatto che i due fossero pronti a riprendere il controllo degli affari criminali nel quartiere: «Proprio per questo motivo furono eliminati Raffaele Duro e Salvatore Panico, gli uomini che avrebbero potuto dargli una mano per portare a termine quest’operazione. Cosimo Di Lauro volle così lanciargli un avvertimento chiaro».
La circostanza emerge dall’interrogatorio che il pentito Gennaro Notturno ha reso alla Dda il 25 maggio del 2017: «Siamo nel gennaio del 2004, un periodo in cui Raffaele Amato e Cesare Pagano avevano lasciato Secondigliano dopo la decisione di Paolo Di Lauro di non passare più droga nel quartiere, almeno per qualche tempo, in quanto aveva un processo per narcotraffico. Amato, in particolare, litigò con Di Lauro perché questa decisione non gli stava bene. Amato decise quindi di andarsene portando con sé la famiglia». Ma nella terra di “Gomorra” gli assetti di camorra mutano rapidamente e così, qualche mese più tardi, ecco accendersi la sanguinosa scintilla: «Cosimo Di Lauro sapeva che Amato si trovava in Spagna e quando apprese da Aliberti che lui e Pagano cercavano delle abitazioni a Mugnano ne dedusse che volevano mettere a segno un agguato contro i Di Lauro in “mezzo all’arco” o a Casavatore davanti al ristorante “Un posto al sole”». Stando a quanto riferito dall’ex ras Notturno, Di Lauro jr non volle però farsi trovare impreparato: «Disse “vediamo dove si sono appoggiati e chi li può appoggiare. Gennaro Marino disse allora che chi poteva appoggiare Amato e Pagano e Mugnano erano Duro e Panico, i referenti di Mugnano per il clan Di Lauro, ma amici di Lello Amato». Ed è a quel punto che Cosimo avrebbe deciso di passare alle vie di fatto: «Ci disse - ricorda Gennaro Notturno - che i due dovevano essere uccisi. Incaricò sul posto mio fratello Enzo, Arcangelo Abete, Fulvio Montanino e Antonello Montanino di uccidere Duro e Panico. Passò qualche giorno e si verificò l’omicidio. Il gruppo di fuoco partì da casa mia, io li vidi a bordo di due moto Honda “Sh”, credo rubate. Vidi anche due pistole, quelle usate da mio fratello e da Abete, armi che poi mi vennero anche consegnate. So che furono impiegate tre pistole perché anche Montanino ebbe modo di sparare». L’ex ras dello Chalet Bakù sviscera quindi ulteriori dettagli su quel pomeriggio di pura guerriglia urbana: «Partirono nel primissimo pomeriggio, forse alle 13,30, e sono tornati dopo circa venti minuti. Rientrati a casa, mio fratello Enzo e Abete mi diedero due pistole semiautomatiche di grosso calibro, quelle usate per l’omicidio. Mio cugino mi disse di portarle giù alle “cappe” da Nunzio Petrozzi, che poi le tagliò con il flex. Dopo di che gettai le parti sull’Asse Mediano».

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