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13 Ottobre 2015 - 15:50
Trentasei telecamere piazzate da Forcella alla Maddalena, tutte collegate wi-fi ad un televisore a schermo piatto ed ultramoderno di oltre 50 pollici sistemato nel salone di casa del boss
NAPOLI. Dove non arriva lo Stato arriva la camorra che addirittura in un intero quartiere riesce a fare ciò che il Comune non è mai riuscito neanche ad ipotizzare. Trentasei telecamere piazzate da Forcella fino alla Maddalena, tutte collegate wi-fi ad un televisore a schermo piatto ed ultramoderno di oltre 50 pollici sistemato nel salone di casa del boss. Così Maurizio Ferraiuolo, ora pentito, riusciva a tenere sotto controllo tutta la zona e stando comodamente seduto su un divano poteva vedere quando arrivavano le “guardie”, se qualcuno dei suoi affiliati faceva confidenze alle forze dell’ordine, se i killer nemici facevano irruzione e anche tutte le abitudini dei vicini del rione, anche quelle inconfessabili. Il “Grande Fratello” del boss era quanto di più tecnologico poteva esserci. Quelle telecamere sono rimaste lì per anni e solo di recente sono stati staccati i collegamenti. Nei suoi racconti ci sono anche le verità su come sparano i killer. I loro pensieri e il loro istinto animalesco. La guerra tra Focella, i Tribunali e la Maddalena ha dei registi e degli esecutori materiali. Così dai verbali del pentito Maurizio Ferraiuolo escono fuori storie che purtroppo rappresentano la triste realtà della camorra del centro storico.
il botta e risposta tra i vicoli. Un botta e risposta durato alcuni minuti e che ha portato al ferimento di tre persone: sono due furono referente, il terzo fu medicato da un “amico” dottore. Maurizio Ferraiuolo è l’ex boss della Maddalena, colui il quale aveva tra le mani i traffici illeciti della Maddalena e che era sceso in guerra già due anni fa con i Mazzarella. Tra i suoi “guaglioni” c’era anche Lino Sibillio, colui il quale qualche anno dopo sarebbe diventato il terrore per affiliati e forze dell’ordine: il ribattezzato “fantasma” di Forcella.
la provocazione dei mazzarella. «Dissi a Salvatore Del Prete di dire ai Solla di Forcella che all’ennesima provocazione avrei ucciso una persona del quartiere. Volevo far capire che era meglio stare con il mio gruppo se si apparteneva a Forcella, poiché i Mazzarella in quel quartiere erano ospiti. Volevo anche far capire che ce l’avevo solo con i Mazzarella. Salvatore Amirante quasi contemporaneamente si era recato a via Pietro Colletta e incontrò un ragazzo detto “’a sovietica”, spacciatore dei Mazzarella a Porta Nolana e precisamente per conto di Vincenzo Mazzarella detto “Harry Potter”, e lo massacrò di botte, anche utilizzando mazze, dopo averlo trascinato già dalla sua auto. C’erano anche Enzo Garofalo soprannominato “Orango”, Vincenzo Amirante, padre di Sasà».
il blocco delle “piazze” di spaccio. «Dopo queste azioni dimostrative contro i Mazzarella bloccammo sole le “piazze” di spaccio dei Mazzarella in ogni parte. Non bloccammo solo le piazze di Forcella perché volevo che i gestori si girassero dalle mia parte o comunque rifornendosi da tutti tranne che dai Mazzarella. A questo punto tornammo tutti nel mio palazzo ed alcuni stazionarono sotto».
le telecamere. «Da un enorme televisore che avevo a casa e che trasmetteva le immagini delle telecamere che riprendevano tutto il quartiere, da Forcella alla Maddalena, vidi all’altezza di piazza Calenda fermarsi due motorini, uno con a bordo Brancaccio e l’altro con Raffaele De Sanctis. Erano fermi in direzioni opposte. Il motorino di Brancaccio arrivò in fondo alla Maddalena e ritornò indietro. Poi se ne andarono insieme. Dopo qualche minuto arrivò un altro motorino che entrò in velocità nella Maddalena dove c’era il portone del mio palazzo. Su questo motorino c’erano Luciano Baratto e Gaetano. Arrivati all’altezza del mio portone, sul lato del mio portone, per poi tirarsi sull’altro lato, dove c’era un biliardo. Lucianiello fece segno a mio cugino Jenny Tubelli di avvicinarsi. Lo scopo era di farlo esporre e poi colpirlo. Io capii la situazione e ordinai di affacciarci fuori al balcone. Mentre lo stavo facendo, Sasà Amirante con una pistola calibro 9 già aveva puntato il motorino dal balcone di casa mia. Io cercai di fermarlo perché temevo che sparando da lì, la polizia sarebbe subito arrivata».
la sparatoria e il ferimento. «Improvvisamente Lucianiello estrasse la pistola e puntò Tubelli. A questo punto diedi il via libera ad Amirante che iniziò a sparare. Lucianiello sparò contemporaneamente ma non riuscì a colpire Gennaro Tubelli perché gli scaricò 13 colpi di pistola dal balcone, colpendolo alla spalla e bucando la ruota. Emanuele Sibillo sparò qualche colpo dalla postazione che aveva nei pressi del mio palazzo, ma senza esito».
Colpirli ovunque fossero. «A quel punto sancii che bisognava colpire i Mazzarella ovunque li incontrassimo. Con i nostri mezzi uscimmo. Le formazione che ho visto partire dal balcone e dalle telecamere erano così composte: Denni Lobascio dell’Aquila, Salvatore Morfeo con Salvatore Amirante e con pistola in pugno. Vincenzo Garofalo, tutti armati, Emanuele Sibillo da solo. Tubelli lo feci rientrare nel palazzo doveva avevo più case. Come vedetta lasciai solo “’o ninno” con una mitraglietta Skorpion. Sentii dal balcone gli spari in lontananza. Vidi passare dalla telecamere a piazza Calenda due motorini con tre persone, di cui quella centrale era ferita e seppi cosa era accaduto».
il raid contro Ernesto Arena. Avevano sparato ad Ernesto Arena dicendogli: “Porta questo a Fabio D’Amico”. Egli mi spiegò che Sasà Amirante si alzò sul motorino e lo sovrastò iniziando a sparare. Dopo la sparatoria feci togliere tutti i bossoli da terra e bruciare i motorini». Tra i tre feriti solo due furono medicati, dell’altro non ci furono tracce. Solo il pentito ha svelato cosa accadde quel pomeriggio.
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