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06 Agosto 2019 - 12:53
Il genero del boss "Borotalco" collabora con la giustizia
NAPOLI. Come un terremoto è pronto a polverizzare gli affari criminali della “44” del rione Traiano. Messo alle strette da una sfilza di accuse pesanti come macigni, il ras Gennaro Carra, alias “Genni”, ha preso la decisione più difficile per un camorrista di rango. Oltre che della propria vita. A due mesi esatti dal suo ultimo arresto ha chiesto un incontro con il pubblico ministero titolare dell’inchiesta che alla fine di maggio l’aveva portato in manette insieme ad altre venti persone e ha fatto presente la propria volontà: «Chiedo di collaborare con la giustizia, è un cambiamento che sento di dover intraprendere per me ma soprattutto per la mia famiglia, alla quale voglio assicurare un futuro migliore».
IL PERSONAGGIO. Gennaro Carra, 37 anni, indiscussa figura di vertice del clan Cutolo di via Marco Aurelio, con questa mossa rischia di scavare un solco senza precedenti nella malavita del rione Traiano. In questi anni, infatti, mai nessun affiliato alla cosca fondata dal boss Salvatore “Borotalco”, detenuto ormai dal 2007, aveva deciso di passare dalla parte dello Stato. Il ras in passato era più volte salito alla ribalta della cronaca nera e giudiziaria. Clamoroso, ad esempio, l’arresto del 2017 per il suo coinvolgimento nella sparatoria contro l’abitazione della famiglia Di Napoli: un raid efferato, ripreso in diretta da una telecamera di videosorveglianza e maturato nell’ambito di un’escalation di tensioni dovute a un corteggiamento non andato a buon fine.
Ma il nome di Carra, genero tra l’altro proprio del capoclan Salvatore Cutolo in quanto sposato con la figlia Candida, è tornato a fare prepotentemente capolino sulla stampa napoletana il 28 maggio scorso, quanto una maxi-retata ha messo in ginocchio per l’ennesima volta il “sistema” del rione Traiano.
LE ACCUSE. Sulla testa del 37enne ras è così piombata una nuova raffica di accuse: dall’associazione per delinquere di stampo mafioso a quella finalizzata al traffico di stupefacenti, passando per il tentato omicidio di Francesco Minichini, uomo vicino al clan Marfella di Pianura scampato miracolosamente a un agguato il 15 gennaio del 2013. Un quadro indiziario da brividi che, in caso di condanna, avrebbe portato Carra a incassare non meno di vent’anni di reclusione.
In questi due mesi di detenzione il reggente della “piazza della 44” ha però riflettuto a lungo e, pur con tutti i timori del caso, ha deciso di dare un taglio ai propri trascorsi da narcos-pistolero intraprendendo il percorso di collaboratore di giustizia.
Il pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia ha già sottoposto Carra a un primo interrogatorio a metà della scorsa settimana. I contenuti del colloquio restano al momento top secret e sono ancora in attesa della valutazione di attendibilità. Di certo c’è che l’ormai quasi ex ras ha contribuito già a redarre decine di pagine di verbali e buona parte degli interrogativi posti dal pm sono stati incentrati sull’attuale organigramma del clan Cutolo, ma non solo, e sui nuovi traffici di sostanze stupefacenti in atto nelle sempre numerose basi di spaccio del rione Traiano, in particolare nella “44” di via Marco Aurelio. Il punto di non ritorno per il "sistema” della periferia occidentale di Napoli sembra farsi sempre più vicino.
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