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29 Agosto 2019 - 07:00
Interrogato il pastore evangelico, al vaglio degli inquirenti la posizione del tassista abusivo che ha dato il passaggio al polacco fino ai Camaldoli
NAPOLI. La polizia ha già sentito il pastore evangelico al quale Robert Lisowski (nella foto) ha chiesto aiuto lunedì pomeriggio e il 57enne incensurato napoletano dell’Arenaccia, tassista abusivo secondo gli investigatori, che l’ha accompagnato ai Camaldoli. Ma mentre la posizione del primo è chiara e limpida, avendo proprio lui avvertito le forze dell’ordine, la procura sta valutando il comportamento del secondo protagonista della vicenda in relazione al reato di favoreggiamento personale. L’uomo avrebbe dichiarato di non averlo riconosciuto nonostante lo sconosciuto gli avrebbe detto di essere l’evaso e la risposta è credibile perché l’attuale aspetto del 32enne polacco è diverso dalla foto segnaletica diffusa domenica dalle autorità. Poi, almeno stando alle dichiarazioni, gli avrebbe fatto anche pena e avrebbe deciso di dargli una mano pensando che scherzasse a proposito della sua identità. Il cerchio che ha portato alla cattura di Robert Lisowski si è chiuso grazie al pastore evangelico, che ieri si è rifiutato di commentare l’accaduto lagnandosi di essere finito sui giornali e sostenendo di non saperne nulla. In realtà proprio lui, dopo aver offerto un panico e un po’ d’acqua al fuggitivo, ha avvisato le forze dell’ordine dimostrando coraggio e senso civico. Era pomeriggio avanzato di lunedì e da quel momento è cominciato il conto alla rovescia per il presunto assassino evaso clamorosamente da Poggioreale. Poco dopo infatti il tassista abusivo è stato rintracciato in piazza Nazionale e ha riferito di aver lasciato il polacco a piazza Poderico, dando conferma agli investigatori che in quella zona si nascondeva dal momento della fuga. Così è partito l’appostamento che si è concluso alle 22 e 15 all’angolo tra corso Garibaldi e via Camillo Porzio, a poca distanza dall’istituto penitenziario e da piazza Carlo III. Intanto prosegue la doppia inchiesta, della procura ordinaria e interna al carcere di Poggioreale, per accertare se Robert Lisowski sia stato aiutato da qualcuno per fuggire oppure se qualcuno sapeva e non ha detto niente, nemmeno quando è stato sentito dai poliziotti della squadra giudiziaria della penitenziaria. Al vaglio degli inquirenti c’è anche l’ipotesi di una vigilanza insufficiente, ma quella mattina c’erano solo tre agenti in servizio nella zona della chiesa per controllare circa 300 detenuti a messa. Sullo sfondo, oltre al personale ridotto per le ferie estive, c’è anche il problema della carenza d’organico su cui da tempo battono i sindacati. Al momento si sa che i compagni di cella nel padiglione “Milano” del 32enne polacco, tre magrebini e due europei dell’est , hanno dichiarato di non essersi accorti che Lisowski maneggiava le lenzuola per realizzare la fune artigianale con cui si è calato domenica mattina dal muro di cinta del carcere. Ma sotto la sua branda sono stati trovati pezzi di stoffa bianca.
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