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10 Settembre 2019 - 07:15
NAPOLI. Adesso tocca alle difese. Questa mattina, dinanzi ai giudici della Corte d’Assise di Napoli, riprende il processo a carico di 34 attivisti di Casapound. A giugno il pubblico ministero Catello Maresca ha tirato le somme del dibattimento chiedendo la condanna di tutti gli imputati con pene che oscillano tra gli 8 anni e i 12 mesi; contestati a vario titolo i reati di associazione sovversiva e banda armata. Tra gli imputati c’è anche Emmanuela Florino, figlia di un ex senatore prima dell'Msi e poi di An, nei cui confronti è stata chiesta una condanna a 6 anni di reclusione. I fatti contestati vanno dal 2010 al 2011 e ruotano attorno a quanto accadeva dentro e fuori la ex sezione “Berta” del Msi in via Foria, a Napoli, diventato punto di ritrovo di Casapound. Accadeva, secondo la procura, che in quelle quattro mure si procedeva ad un sistematico indottrinamento dei militanti. Accadeva anche che dalle parole si passava ai fatti. E i fatti erano sempre violenti. Come il lancio di bottiglie incendiarie contro un centro sociale, come aggressioni di tipo “squadrista” contro avversari politici. Come l’idea, per fortuna mai concretizzatasi, di violentare una studentessa universitaria solo perché ebrea o di dare fuoco a un’oreficeria solo perché il proprietario, anche in questo caso, era ebreo. Storie di pura violenza. «I fatti sono riconducibili a una predisposizione a delinquere di natura sovversiva? A questo deve dare una risposta la Corte. La Corte deve stabilire se Casapound è un gruppo criminale che intendeva aggredire i rivali oppure no», chiese il pm in sede di requisitoria. Adesso, prima che la Corte d’Assise si pronunci sul materiale indiziario, dovranno prendere la parola gli avvocati dei 34 imputati. Si comincia questa mattina con le prime discussioni, poi saranno calendarizzati gli altri interventi.
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