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19 Settembre 2019 - 07:15
Delitto Cepparulo-Colonna, niente sconti ai Rinaldi-Minichini
NAPOLI. In un’aula gremita come non mai hanno atteso con ansia la lettura della sentenza che di lì a breve avrebbe inchiodato alla pena del carcere a vita i responsabili dell’omicidio dell’innocente Ciro Colonna. Non solo i familiari della giovanissima vittima, ma anche quelli di molte delle vittime innocenti della Campania hanno aspettato il verdetto di primo grado per mandanti ed esecutori materiali dell’agguato messo a segno il pomeriggio del 7 giugno del 2016, nel quale perse la vita il 19 enne Ciro, ucciso per errore nel corso di un raid contro Raffaelle Cepparulo detto “Ultimo”, anch’egli deceduto. Ciro non fece in tempo ad abbassarsi e ripararsi al di sotto di un tavolo quando i sicari fecero fuoco all’interno di un circolo ricreativo del lotto 0 di Ponticelli. Otto gli ergastoli inflitti dal gup al termine del processo di primo grado celebrato con il rito abbreviato, così come aveva chiesto il pubblico ministero della Dda di Napoli, Antonella Fratello. Carcere a vita, dunque, per il boss Ciro Rinaldi, indicato come il mandante del duplice delitto, per Michele Minichini e Antonio Rivieccio ritenuti gli esecutori materiali, per Giulio Ceglie e per quattro donne: Anna De Luca Bossa, Vincenza Maione, Cira Cepollaro e Luisa De Stefano. Secondo la ricostruzione dell’Antimafia, a sparare alla vittima innocente fu Rivieccio mentre a uccidere Cepparulo fu Minichini. Le testimonianze raccolte e i verbali dei pentiti sono alla base della richiesta dell’accusa che ha ritenuto di non concedere alcun tipo di attenuanti a nessuno degli attori del delitto. A ordinare il raid fu proprio Rinaldi, latitante all’epoca dei fatti e rimasto tale fino al 17 febbraio scorso. Tutti, in concorso, organizzarono e resero possibile l’agguato che costò la vita al povero Ciro, colpito all’addome da un solo proiettile esploso da Antonio Rivieccio, finito alla sbarra con l’accusa di essere l’esecutore materiale insieme a Michele Minichini. Numerosi, invece, furono quelli che raggiunsero Cepparulo: alla testa e in altre parti del corpo. A decidere l’assassinio di “Ultimo”, esponente di primo piano del clan Genidoni del rione Sanità, furono i vertici del clan Rinaldi e del clan delle Pazzignane, con l’obiettivo di affermare il proprio predominio rispettivamente a Ponticelli, in particolare al rione De Gasperi, a San Giovanni a Teduccio e nelle zone limitrofe. Nella fasi di avvio delle indagini Ciro Colonna venne ritenuto vicino alla criminalità organizzata ma già dopo pochi giorni la verità venne a galla: era un ragazzo di appena 19 anni, con un diploma di ragioneria, lontano dalle dinamiche della camorra e con un sogno nel cassetto: trovare lavoro all’estero mettendosi alle spalle il degrado della periferia di Napoli Est. Un sogno che il giovanissimo Colonna non è però mai riuscito a realizzare. Quanto all’altra vittima, il ras Raffaele Cepparulo, le indagini accertarono che si era rifugiato a Ponticelli nella speranza di sottrarsi alla feroce faida che in quel periodo stava insanguinando i vicoli del rione Sanità. Trasferitosi a Napoli Est, “Ultimo”, ritenuto molto vicino al clan Mazzarella, finì però per creare diversi problemi anche nella zona orientale. Cepparullo sarebbe stato infatti ammazzato in quanto ritenuto dai Rinaldi-Minichini responsabile di alcune incursioni armate ai loro danni.
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