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19 Settembre 2019 - 11:12
NAPOLI. "Purtroppo il male che fanno a Napoli i sicari di odio e di violenza è senza limiti. Essi in effetti tentano di uccidere sul nascere la possibilità di fare futuro, quindi di guardare avanti, di porre le basi per una vita ordinata, per la crescita di una comunità attenta ai valori fondamentali e quindi naturalmente orientata al bene comune". Lo ha detto il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di NapoIi, nella sua omelia pronunciata in occasione della festività di San Gennaro. "La violenza è il primo baluardo, il primo grande ostacolo che si pone su questa strada. Essa - ha aggiunto il cardinale Sepe - genera paura, insicurezza, favorisce connivenza e complicità e ogni forma di comportamento che va contro il bene comune. Certo a nessuno si può chiedere di essere eroe, anche perché chi tradisce Napoli alle spalle, essendosi arruolato nelle formazioni della violenza organizzata e no, sa scegliere con lucida protervia i lati deboli. E occorre dirlo, alla fine Napoli si trova a vivere pienamente una condizione che toglie libertà e mina alla base i diritti dei cittadini, rendendo la loro vita difficile, per non dire proibitiva".
DISUGUAGLIANZA SOCIALE. "C'è da chiedersi: esiste ancora la Napoli dal 'core' grande e sincero? A noi cittadini della Napoli di oggi è dato di dover rispondere a questa domanda con verità quindi con realismo, con onestà e con coraggio, senza lasciarci prendere da una falsa nostalgia dei tempi che furono. C'è indubbiamente a monte, ed è evidente, un problema di uguaglianza sociale". "Purtroppo - ha aggiunto il cardinale Sepe - tanti ragazzi, spesso ancora bambini, abbandonati a se stessi, scelgono come casa comune del loro svezzamento sociale la strada, che è ricettacolo di tutti i pericoli e di tutte le insidie. Quella strada che, a Napoli più che altrove, è spesso non altro che terreno minato, la bottega di un primo apprendistato per la malavita. Si finisce per strada, comunque, non per caso o peggio per una sorta di subdola e velenosa vocazione, ma per evadere la scuola, per mancanza di lavoro, per scelta indotta da una famiglia sempre più distratta e afflitta da un deficit di valori e di risorse economiche". La strada "nel suo aspetto peggiore", ha precisato l'arcivescovo di Napoli, "è il punto di discarica dove si depositano e vanno disperse tutte le forme di una legalità spesso poco sentita e non praticata abbastanza fino in fondo. Si finisce in strada prima di tutto per un'accentuata diseguaglianza sociale che, ovviamente, finisce per pesare più sui deboli e su coloro che cercano il loro primo spazio vitale nella società. Quando ai giovani si chiudono le porte del lavoro o dello studio - ha concluso - è inevitabile pensare alla gravità delle conseguenze, e non solo quelle immediate, perché è questo l'ingranaggio che perpetua la catena del disagio e del malessere sociale".
COMPLICI E COLPEVOLI. "Come salvare i nostri giovani? Come convincerli a non lasciare Napoli e il Sud come hanno fatto quei circa 70mila giovani emigrati nel 2017? Quale futuro per loro e per la comunità? Di fronte a noi più che mai vi è il dovere di prendere atto che ogni misura non adottata per contrastare il male si trasforma in una misura in suo favore, in un lasciapassare che rende complice e colpevole chiunque abbassi la guardia per incapacità o ignavia, o anche per semplice miopia se non per irresponsabilità". "Il lavoro negato, l'istruzione mancata, i servizi sociali inadeguati e il diritto alla salute insoddisfatto - ha spiegato il cardinale Sepe - significano dare via libera a tutto ciò che alimenta le organizzazioni criminali ed è contro la persona e il futuro di questa città. Non a caso proprio i giovani vengono a trovarsi sotto tiro, è da qui che prende avvio quello che, negli obiettivi del malaffare e di ogni tipo di camorra vecchia e nuova, è l'attacco mirato e continuato su Napoli. Ogni banco vuoto, che segnala il tristissimo fenomeno dell'evasione scolastica, lascia pensare a quei bambini avviati a delinquere, alle baby gang che si trovano a prendere lezioni dalla strada sui modelli che regolano le gerarchie del crimine. Ormai sappiamo bene come funziona questo meccanismo tanto possibile quanto crudele. la cronaca continua a offrire dovizie di particolari raccapriccianti", ha concluso.
INVERSIONE DI TENDENZA. "Non basta più lo sdegno, occorre mettere mano con coraggio a ciò che può portare a una reale e concreta inversione di tendenza". "Occorre poter pensare di riempire di nuovo uno a uno quei banchi vuoti dell'evasione - ha aggiunto il cardinale Sepe - e fare in modo che anche i vuoti sociali possano essere colmati da un cambiamento morale e sostanziale che sia espressione di una comunità rinnovata e sana. E' necessario creare luoghi di aggregazione o potenziare quelli già esistenti, favorire sviluppo e occupazione, agevolare e sostenere le iniziative lavorative e professionali, in altre parole promuovere e accompagnare ogni presenza positiva e virtuosa sul territorio, fino a occuparlo per togliere spazio e respiro a chi intende utilizzarlo per altri fini" L'arcivescovo di Napoli ha riconosciuto che "non è un compito semplice, ma - ha sottolineato - neppure si parte d zero, perché la rete di solidarietà che Napoli, nonostante tutto, ha steso a sua difesa è già vasta. In tutti noi la speranza è tanta e quella che si rende ulteriormente necessaria ci viene dalla nostra fede".
FACCIAMO FUTURO. "Il rapporto storico e il legame di sangue che i napoletani hanno con San Gennaro si è sempre fatto attivamente e prodigiosamente presente nelle vicende tragiche di Napoli. Abbiamo bisogno dunque di queste ricorrenze e di questo incontro con il Santo per fare memoria, ma anche per fare futuro". "Fare futuro - ha proseguito il cardinale Sepe - cioè impegnare le mani e il cuore per scrivere pagine nuove della storia che verrà, quella che siamo chiamati a costruire stando accanto al nostro patrono Gennaro, in spirito di umiltà e di fedeltà. Fare futuro, ossia progettare il nostro domani come singoli e come comunità, significa innanzitutto capire e vivere bene il nostro presente in cui, anche senza che nessuno ce lo chieda, siamo invece interpellati e chiamati uno a uno a esercitare le nostre responsabilità, vorrei dire anzi la nostra umanità". Il cardinale Sepe ha aggiunto: "Vogliamo affermare con forza questo impegno, ancora una volta oggi, davanti al Santo Patrono, ben sapendo che sono tanti i momenti e le occasioni in cui tale affermazione da tanti di noi viene tragicamente smentita, fino a farsi addirittura irridente".
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