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21 Settembre 2019 - 07:17
Sale la tensione al rione Traiano
NAPOLI. Quattro scarcerazioni eccellenti destinate a innescare una nuova, potenzialmente micidiale, fibrillazione negli ambienti di “mala” del rione Traiano. Dopo appena nove mesi di permanenza dietro le sbarre, nonostante le pesantissime accuse associative mosse a suo carico il giovane ras Simone Sorianiello, figlio del capoclan Alfredo “’o biondo”, è riuscito a ottenere gli arresti domiciliari a processo ancora in corso. I colpi di scena non sono però finiti qui. La stessa sorte è infatti toccata anche ad altri tre emergenti pezzi da novanta della criminalità organizzata di Soccavo: Alessandro Tortora, Antonio Di Napoli e Giuseppe Mazziotti, tutti finiti in manette nell’ambito della maxi-inchiesta culminata nella retata del dicembre scorso.
Per i quattro imputati le porte del carcere sono tornate ad aprirsi a sorpresa nella tarda mattinata di ieri. La decisione del gip ha premiato il lavoro portato avanti in questi mesi dal collegio difensivo: Leopoldo Perone e Bruno Carafa per Sorianiello junior, Salvatore Landolfi e Bruno Carafa per Di Napoli e Tortora. Gli avvocati, in particolare, hanno fatto leva sul fatto che le contestazioni mosse dalla Procura nei confronti dei loro assistiti risalissero a un arco temporale antecedente al 2015. A conti fatti l’argomentazione sostenuta dalle difese è riuscita a fare breccia nel magistrato davanti al quale si sta celebrando con il rito abbreviato il processo di primo grado e così, dimostrata la sopravvenuta attenuazione delle esigenze di custodia cautelare, i quattro ras hanno ottenuto l’immediata scarcerazione con il beneficio degli arresti domiciliari. Per cogliere l’effettivo potenziale offensivo dei soggetti in ballo basti ricordare che poche settimane fa il pubblico ministero ha invocato per Simone Sorianiello una condanna a qualcosa come sedici anni di reclusione.
Il ritorno dei quattro imputati tra le accoglienti mura domestiche potrebbe intanto innescare più di qualche tensione negli ambienti criminali di Soccavo e dintorni. Ferma restando la presunzione di innocenza fino a prova contraria, il clan Sorianiello, e dunque di riflesso anche il rampollo Simone, è ormai da tempo considerato dagli inquirenti della Dda come l’indiscusso gruppo egemone in zona per quanto concerne il controllo del traffico di sostanze stupefacenti, in particolare nel cosiddetto rione della “99”: un impetuoso fiume di droga che ancora oggi continua a fare gola a tutti i clan dell’area flegrea, scatenando faide e vere e proprie azioni di guerriglia urbana. L’inchiesta del dicembre scorso aveva tra l’altro ricostruito le vicende che hanno portato alla nascita e all’ascesa del nuovo sodalizio, scissosi dai Grimaldi e facente capo ai Vigilia, che per salire al potere ha approfittato della detenzione dei boss dei Grimaldi. Una fazione legata al vecchio clan Grimaldi, all’epoca capeggiato da Antonio Scognamillo, tornato in carcere tra giugno 2013 e febbraio 2014. Un’altra “ala” era invece diretta dai rampolli della famiglia Vigilia, mentre l’ultima, ma non certo in ordine di importanza, veniva individuata nella compagine della famiglia Sorianiello, dedita ai traffici delittuosi in materia di stupefacenti. Scognamillo una volta in libertà aveva riorganizzato il clan e allestito un continuativo e redditizio traffico di cocaina, anche a carattere transnazionale, garantendo al clan i fondi necessari per munirsi di armi per combattere contro gli scissionisti. Questo perché Pasquale Vigilia aveva tentato la scalata al potere, unendo attorno a sé giovani e affiliati storici.
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