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29 Settembre 2019 - 07:10
Per i carabinieri il ras del rione San Gaetano riuscì ad “apparare” la situazione
NAPOLI. A rischiare di morire, la notte del 17 maggio scorso nel piazzale dei Pellegrini, furono soprattutto in 2: Umberto Ioio e Nunzio Saltalamacchia. Entrambi estranei all’inchiesta in quanto testimoni e potenziali vittime, avevano appena accompagnato Vincenzo Rossi all’ospedale quando Vincenzo D’Avino sparò a raffica senza colpire nessuno. I 2 mancati bersagli per un po’ non si fecero vedere in giro mentre i genitori di Ioio (estranei alla criminalità organizzata) cercavano di capire il perché dell’agguato. Alla fine intervenne qualcuno di Forcella, quartiere d’origine della famiglia, e la situazione fu “apparata”. Secondo gli inquirenti quel qualcuno sarebbe il ras Pietro Perez detto “Pierpaolo”, salito a luglio scorso alla ribalta della cronaca per l’estorsione chiesta al titolare di una pizzeria dei Tribunali, e considerato referente in zona dei Mazzarella. Dunque, ricapitolando, Umberto Ioio (che non ha nessun precedente penale, va sottolineato) è amico di Nunzio Saltalamacchia (cugino del ras Eduardo Saltalamacchia). I due erano insieme quella notte e accorsero a via Toledo per soccorrere Vincenzo Rossi, da loro ben conosciuto e amico fino al momento della spaccatura tra il gruppo di giovani dei Saltalamacchia e quello dei Masiello (capeggiato secondo gli investigatori da Vincenzo “o’ Cucù”). Poco dopo avvenne il tentato omicidio dentro il Pellegrini e il sicario mirò nel mucchio tra coloro che avevano accompagnato il ferito alla struttura sanitaria della Pignasecca. È quindi naturale che i genitori di Umberto Ioio si preoccupassero dell’incolumità del figlio e in una conversazione intercettata avanzavano alcune ipotesi studiando il da farsi. Fino a quando viene fatto il nome di Pierpaolo, che gli inquirenti accostano al cognome Perez riferendosi al ras del rione San Gaetano a capo del gruppo composto da Antonio Iodice “’o chiuov” e Marco De Martino. In un altro passaggio il gip scrive che dal tenore dei successivi dialoghi si capisce che l’intervento c’è stato ed ebbe successo. Dunque, Giuseppe Iaselli ferì Vincenzo Rossi, vicino ai Masiello. Ma l’agguato fu subito vendicato con un’azione organizzata immediatamente, a parere dell’accusa da Vincenzo D’Avino, che pochi minuti dopo l’arrivo del ferito all’ospedale scavalcò la sbarra all’ingresso dei Pellegrini e sparò contro Nunzio Saltalamacchia e Umberto Ioio, mandando fortunatamente il bersaglio. Poi fuggì sul motorino guidato da Arturo Picco. Il mancato killer sapeva chi c’era nel piazzale perché aveva visto i soccorritori partire con una Fiat Idea dopo aver caricato Rossi a bordo. Sul posto aveva mostrato segni di nervosismo dopo che non trovava le chiavi della motocicletta, ragion per cui qualche testimone ipotizzava che questo fosse il motivo della ritorsione in ospedale. Scrive invece il giudice per le indagini preliminari: «il nervosismo di D’Avino che non trovava le chiavi è più ragionevolmente da ascrivere alla fretta di organizzare di organizzare la ritorsione armata che si prefigurava ragionevolmente comoda attesa l’imminente convergenza di tutti i suoi “obiettivi” verso il vicino nosocomio».
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