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Fiori e lettere per i due “poliziotti eroi”

Fiori e lettere per i due “poliziotti eroi”

La tragedia di triest. A giorni le autopsie sui corpi di Rotta e Demenego. Killer piantonato

TRIESTE. È un tappetto di fiori, disegni colorati fatti a mano dai bambini, tricolori listati a lutto, quello che riempie i tre gradini all'ingresso della questura di Trieste dove tre giorni fa sono stati uccisi Matteo Demenego di Velletri e Pierluigi Rotta di Pozzuoli, di 31 e 34 anni. Nei prossimi giorni saranno effettuate le autopsie che dovranno chiarire dettagli sulla dinamica dell'aggressione ai due poliziotti: da quanti colpi sono stati raggiunti e anche chiarire la traiettoria dei proiettili, elemento utile per accertare come ha colpito Alejandro Stephan Meran. Solo dopo saranno celebrati i funerali. Intanto iniziative e messaggi si susseguono per i due agenti. Un tributo a “due eroi”, è un “grazie per aver servito questo Paese”. C'è una piccola macchina della polizia, il regalo di un bambino, ci sono diverse decine di lumini accesi, il cordoglio di associazioni e singoli, di “Trieste che piange e ama due angeli”. È l'abbraccio commosso e silenzioso per dei poliziotti che hanno “servito il nostro Paese”, ai “protettori dell'Italia”. C'è la lettera della piccola Francesca, “la figlia di un vostro collega, volevo solamente dirvi Grazie, siete i miei eroi perché avete sacrificato la vostra vita per svolgere al meglio il vostro lavoro. Questo vi fa onore”. Ci sono i messaggi di tante mamme, ma a lasciare un fiore o dare una stretta di mano ai poliziotti che sorvegliano l'atrio della questura, sono le persone di ogni età. La polemica su quanto accaduto non è sulla bocca dei triestini. C'è solo un messaggio che suona “diverso”: “Onore e orgoglio per questi eroi della Patria, caduti per servire uno Stato infame che non li merita”. Hanno il passo lento le persone che rendono omaggio ai due poliziotti. Abbassano il capo, si raccolgono in preghiera, trattengono o fanno scorrere le lacrime davanti alla foto dei due agenti appoggiate proprio sotto la grande targa in marmo dedicata ai “Caduti nell'adempimento del dovere”. I loro visi incorniciati sono circondati dalle corone lasciate da tutte le altre divise e dalle istituzioni. Ci sono i fiori dei colleghi e un biglietti scritto con un pennarello che assomiglia a una promessa: “Non sarete dimenticati. Grazie ragazzi, i nostri angeli”.

LE INDAGINI. Augusto Stephan Meran che venerdì scorso ha impugnato due pistole e ha ucciso Matteo Demenego e Pierluigi Rotta, 31 e 34 anni, ha mostrato “lucidità” nella “manovra aggressiva” con cui prima ha ucciso i due agenti della questura di Trieste, ne ha ferito alla mano un terzo e poi, sempre sparando ad altezza d'uomo, “come si evince dai filmati tratti dalla sicurezza interna della questura” ha tentato l'omicidio “di almeno altri 8 agenti”, tra cui tre addetti alla vigilanza degli uffici di via Tor Bandena, quattro agenti in forza alla Squadra mobile che erano nell'auto fuori è sono intervenuti per bloccarlo e di un altro poliziotto intervenuto dopo gli spari. È quanto emerge nel decreto di fermo firmato dal pm Federica Riolino che, sostenendo la presenza di “gravi indizi” di colpevolezza, ha ottenuto dal gip, la convalida della misura cautelare. Il 29enne, piantonato in ospedale, si trovava in questura per il furto di uno scooter. Ha chiesto di andare in bagno e una volta uscito è riuscito a impossessarsi della pistola di Rotta e ad ucciderlo con quattro colpi, poi ha ucciso anche Demenego con cinque e si è fatto largo nell'atrio della questura con le sue semiautomatiche tolte alle vittime - particolare dedotto dalle immagini delle telecamere - prima di essere ferito all'inguine e bloccato da uno degli agenti della Mobile che rientrava in via Tor Bandena. Il fratello dell'arrestato ha sempre fatto riferimento a un disturbo psichico, ma il 29enne non era in cura in nessun servizio di igiene mentale del capoluogo. Per la procura "orientano per una semplice scarsa lucidità solo i farmaci rinvenuti all'esito della perquisizione domiciliare". Un elemento su cui, al momento, la difesa dell'indagato non si pronuncia, ma che avrà un ruolo centrale in sede processuale. Una cosa è certa, come ribadito ieri dal questore di trieste Giuseppe Petronzi: «Poteva essere una strage. Fortunatamente e tragicamente c'eravamo solo noi poliziotti, fortunatamente non erano esposte altre persone. La potenzialità era tale che il bilancio sarebbe potuto essere più tragico».

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