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13 Ottobre 2019 - 07:00
La "vittima" doveva dei soldi ai 4 imputati e s'era inventata la storia del racket per non pagare: svelata la trama
SAN GIORGIO A CREMANO. Vantavano un credito nei confronti di un imprenditore dal quale avevano acquistato e pagato la merce che non gli era stata mai consegnata. Per aver chiesto a più riprese la restituzione dei soldi spesi, Giovanni Amendola, di Torre del Greco, Domenico Zangrilli, di Roma, Vincenzo Verriotto e Rosa Genovese, di Ercolano, erano stati denunciati dall’imprenditore-truffatore, che aveva raccontato alle orze dell’ordine di essere vittima di estorsione da parte di quattro persone. È partito così un lungo procedimento a carico dei 4 truffati. La giustizia, però ha fatto il suo corso e dinanzi alla V sezione penale del Tribunale di Napoli, gli imputati si sono visti finalmente assolti. L’imprenditore che li accusava ingiustamente è di San Giorgio a Cremano, e aveva raccontato che i 4 avrebbero tentato di praticare nei suoi confronti un’estorsione per 700mila euro. A seguito della denuncia, il Pubblico Ministero aveva chiesto a carico degli imputati pesanti condanne: sei anni per Rosa Genovese e Giovanni Amendola. Quattro anni di carcere per Domenico Zangrilli, quale mandante. Rosa Genovese, Giovanni Amendola Giovanni e Vincenzo Vincenzo venivano indicati invece autori materiali della richiesta estorsiva (difesi dagli avvocati Carmine Ippolito, Renato Borzone del Foro di Roma e Valerio De Maio) erano stati ritenuti gravemente indiziati di avere tentato di costringere Michele Cirella, procacciatore di affari per aziende di elettronica, a versare loro 700mila euro.
I FATTI E GLI ARRESTI I fatti risalgono al 2014. Gli imputati furono sottoposti a misure restrittive su richiesta della Procura distrettuale antimafia di Napoli. Stando alle accuse dell’imprenditore, i 4 gli avrebbero chiesto soldi con minacce con metodologia mafiosa, accampando cioè fittiziamente di appartenere ad una associazione di tipo mafioso. Durante il dibattimento, però, è emersa l’inattendibilità del denunziante e, quindi, l’insostenibilità dell’accusa. L’imprenditore aveva deliberatamente taciuto che le cifre richieste erano riferibili ad un credito realmente e legittimamente vantato dallo Zangrilli nei suoi confronti. L’imprenditore di San Giorgio aveva ottenuto pagamenti per forniture di prodotti mai consegnati al creditore. Le difese hanno fatto emergere la strumentalità delle gravissime accuse rivolte dall’imprenditore agli imputati che sono stati infine assolti.
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