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21 Ottobre 2019 - 07:23
I retroscena della faida
NAPOLI. Cinque mesi di piombo e inferno. Tanto è bastato ai ras di San Giovanni a Teduccio per far divampare ancora una volta la trentennale faida di Napoli Est. Il ras Alfonso Mazzarella, oggi collaboratore di giustizia, vuota il sacco e davanti agli inquirenti della Dda decide di confessare le proprie responsabilità nella lunghissima guerra contro l’odiato cartello Rinaldi-Reale: «Dopo avere subito due agguati, tentai a mia volta di uccidere Pasquale Reale. Sparai ma non riuscii a colpirlo». Alfonso Mazzarella è stato a lungo inquadrato come una seconda linea all’interno delle gerarchie criminali della storica cosca che ancora oggi imperversa tra piazza Mercato e corso San Giovanni a Teduccio. Il collaboratore di giustizia ha però dimostrato tutta la propria caratura mettendo nero su bianco informazioni top secret da cui sono poi scaturite decine di arresti. Non vanno poi dimenticate le sue parentele “eccellenti”: «Sono il nipote di Vincenzo, Gennaro e Ciro Mazzarella», come ha ribadito il diretto interessato nell’interrogatorio reso il 18 novembre del 2015. Alfonso è tra l’altro il fratello del ras attualmente detenuto Franco “’o parente”. Insomma, alla luce dei suoi trascorsi camorristici di carne a cuocere ce n’è parecchia. E l’ex ras l’ha dimostrato dando slancio anche all’ultima inchiesta che meno di tre mesi fa ha inflitto un nuovo colpo da kappaò al gruppo Rinaldi-Reale. Uno degli inediti verbali di interrogatorio finisce in particolare per rivelare alcuni atroci fatti di sangue. Un’escalation di violenza scatenatasi nel giro di poche settimane, all’indomani del ritorno a piede libero dell’allora ras di San Giovanni a Teduccio: «Sono stato detenuto - ricorda Alfonso Mazzarella - dall’ottobre del 2006 al febbraio del 2015, poi sono stato riarrestato nel luglio del 2015 per rapina impropria. Nei pochi mesi in cui sono stato in libertà ho subito due attentati. Uno sotto al mio palazzo ad opera di (omissis), i quali una settimana prima avevano tentato di ammazzare Carmine Improta, altro affiliato storico ai Mazzarella. Il secondo attentato l’ho subito sempre a San Giovanni e sempre sotto al mio palazzo ad opera di (omissis)». Preso atto che la sua vita fosse ormai appesa a un filo, il nipote dei capiclan Ciro, Vincenzo e Gennaro decise di passare al contrattacco: «A mia volta tentai quindi di ammazzare, con la collaborazione di (omissis), Pasquale Reale. Avevo infatti saputo che era stato il filatore del primo attentato nei miei confronti. Tuttavia sparammo ma non riuscimmo a colpirlo». Di lì a breve per Mazzarella junior arrivarono di nuovo le manette e forse proprio l’intervento dello Stato gli salvò la vita. Quanto a Pasquale Reale, alias “’o nano”, nonostante la giovane età è anch’egli una vecchia conoscenza delle forze dell’ordine. Ventitré anni compiuti lo scorso febbraio, il figlio del ras Mario è finito in manette ad agosto nell’ambito dell’inchiesta che, con l’esecuzione di sette arresti, ha messo nuovamente alle corde la cosca del rione Pazzigno di San Giovanni a Teduccio. Accusato di associazione camorristica e traffico di stupefacenti, stando a quanto rivelato da Alfonso Mazzarella, Reale junior potrebbe però essere invischiato anche in vicende ben più gravi. Agguati e vendette, in cui potrebbe aver ricoperto un ruolo operativo pur di portare avanti la trentennale guerra al clan Mazzarella.
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