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23 Ottobre 2019 - 07:18
In manette i narcos Giuseppe Cipressa e Carmelo Borrello. Il 58enne "Peppaccio" è un uomo di fiducia del boss Cancello
NAPOLI. Se l’erano cavata a febbraio scorso, scampando all’arresto per l’operazione contro il gruppo di trafficanti di droga che si era creato uno spazio autonomo tra Melito e Scampia all’interno del clan Amato-Pagano. Ma il Tribunale del Riesame ha accolto l’appello della Procura antimafia, emettendo una misura cautelare eseguita ieri dai carabinieri del nucleo investigativo di Castello di Cisterna a carico di Giuseppe Cipressa, detto “Peppaccio”, 58enne di Mugnano, e Carmelo Borrello, 31enne di Melito, soprannominato “’o profumiere”. A seconda delle posizioni degli indagati, uno detenuto per altra causa a Bellizzi Irpino e l’altro ai domiciliari, le accuse sono di associazione per delinquere di tipo mafioso e associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. Tra i due il più conosciuto è Cipressa, all’epoca dell’inchiesta considerato vicino ai fratelli Elia e Maurizio Cancello. Proprio seguendo la droga e i soldi che ruotano attorno alle piazze di Melito i carabinieri sono riusciti a chiudere il cerchio attorno ai responsabili del traffico (presunti fino a eventuale condanna definitiva). In carcere a febbraio finirono Lino Caiazzo, figlio di Pietro; Claudio Cristiano, Mauro Valentino, Francesco Saviotti e il bulgaro Tsvetan Sabev, colui il quale era il collettore per le nuove droga che arrivavano dall’est dell’Europa. Il pubblico ministero della Dda aveva chiesto 21 misure cautelare, ma il gip ne aveva concesso solo sette. Le indagini cominciarono dopo il 5 gennaio 2016, quando fu ucciso Luigi Di Rupo a Melito. Quella sera gli obiettivi principali dell’agguato erano i fratelli Cancello, sfuggiti per poco ai proiettili: Elia e Maurizio, entrati in contrasto coi vertici degli Amato e dei Pagano dopo che secondo gli inquirenti avevano rimpiazzato Pietro Caiazza come referenti sul territorio di provincia per la gestione degli affari illeciti. Tutti e tre i reggenti, secondo le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, “trascuravano gli affiliati” e così Rosaria Pagano affidò la gestione della cassa a Ciro Mauriello, nel frattempo posto di domiciliari per motivi di salute nonostante il processo in corso per il duplice omicidio MontaninoSalierno. Ma i contrasti interni aumentarono e il 18 maggio dell’anno scorso “Pierino” (zio dei pentiti Michele, Antonio e Paolo Caiazza nonché cugino del boss irriducibile Raffaele Amato “a’ vecchierella”) subì un agguato mentre si trovava a bordo dell’auto con la moglie ad Afragola. Ferito alle gambe, si rifugiò nel commissariato locale. A quel punto i vertici del clan AmatoPagano temevano una nuova frattura, ma “Zia Rosaria” riuscì anche in questo caso a ricomporla. Ciro Mauriello divenne il referente di Melito per la droga e i rapporti con gli alleati della “Vanella Grassi”, rappresentati a Scampia dai fratelli Angrisano: Gaetano e dopo l’arresto di quest’ultimo, il fratello Francesco, ucciso l’11 dicembre scorso nel lotto G di via Ghisleri nel corso di una guerra lampo con il clan Cancello. Pietro Caiazza invece operava a Mugano, dove però a dicembre ha subito altre violente intimidazioni. Nel frattempo sono usciti dal giro degli affari illeciti della città di Melito i fratelli Cancello, ritrasferitisi rapidamente a Scampia, dove un tempo “lavoravano” con i Bastone per gli “scissionisti”.
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