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11 Novembre 2019 - 12:34
NAPOLI. Potrebbe stare già a casa, ma è ricoverato da tre settimane nel reparto di Chirurgia del Nuovo Policlinico perché manca uno stent che deve sostituire quello che gli ha provocato un’infezione. Nella sanità campana, per qualcuno paragonabile per efficienza solo a quella svizzera, può succedere anche questo. G. M., 65 anni, ex dipendente delle Ferrovie, è stato operato il 18 ottobre scorso per un tumore che aveva coinvolto vescica e prostata. Intervento perfettamente riuscito da parte del primario, il professor Luigi Santini, e della sua équipe, ma poi è arrivato l’intoppo che ha trasformato il suo ricovero in un incubo. Santini rappresenta una delle tante eccellenze del nostro territorio, direttore del Dai (Dipartimento ad attività integrata) di Chirurgia generale specialistica dell’Azienda ospedaliera universitaria della “Vanvitelli”, che ha sede al padiglione 17 della cittadella ospedaliera di via Pansini. Ma come spesso accade l’eccezionale preparazione dei nostri medici si scontra con l’inefficienza cronica del sistema sanitario.
Come è andato l’intervento al quale è stato sottoposto?
«Benissimo. Il chirurgo è riuscito a rimuovere la massa che era circoscritta ai due organi che mi sono stati asportati. Non sono stati toccati gli altri organi e questo mi fa ben sperare. Il giorno dopo l’intevento ero già in piedi, riuscivo a camminare da solo. Certo, dovrò convivere con una borsetta che raccoglierà le mie urine. Ma mi hanno salvato la vita e questo mi sembra importante».
Dopo qualche giorno, però, ha cominciato ad accusare dei problemi?
«Sì, dopo meno di una settimana ho cominciato a sentirmi molto debole. La temperatura del mio corpo era sempre molto alta. Si è scoperto che la febbre era dovuta ad una infezione provocata da uno degli stent ureterali che mi sono stati messi durante l’operazione che ho subito, stent necessari ad espellere le urine».
Come poteva essere risolto il problema, cosa le hanno detto?
«Semplicemente sosituendo gli stent che erano stati impiantati».
Perché non è stato fatto?
«Perché queste attrezzature non ci sono in reparto. Il Policlinico non ne aveva a disposizione».
E come è stata affrontata la situazione?
«In attesa dell’arrivo dei presidi medici hanno tentato di curarmi l’infezione, prima con degli antibiotici ad ampio spettro, poi cercando di individuare il batterio che l’ha provocata e, successivamente, somministrandomi antibiotici specifici e non più generici. Sono stati supportato anche da uno psicologo in questa fase complicata. Devo dire che tutto il personale, a partire dal primario fino ad arrivare agli infermieri, mi ha seguito benissimo. Molti di loro sono dei precari, ma tutti mettono il massimo dell’impegno in quello che fanno. Solo che le conseguenze di questa situazione sono state pesanti per me. La febbre mi ha debilitato, non riuscivo neanche a mangiare. Ora va un po’ meglio, ma finché non sostituiranno lo stent la situazione non si risolverà».
Quando arriveranno questi stent?
«Mi hanno detto che finalmente sono arrivati, ma finché non vedo non ci credo. Spero che facciano presto, così potrò tornare a casa».
Sarebbe dovuto uscire due settimane fa.
«Esatto, così pensavamo tutti. Mi fa rabbia il fatto che tutto si poteva risolvere prima e non si è ancora risolto solo per un problema di inefficienza».
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