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19 Novembre 2019 - 08:00
L’inchiesta si sgretola in primo grado: condanne lievi per gli altri imputati. Scagionati Salvatore e Ciro Puccinelli: il primo rischiava 21 anni, il secondo 8
NAPOLI. Fiumi di cocaina sull’asse rione Traiano-Abruzzo, le accuse della Procura finiscono per sgretolarsi già nel giudizio di primo grado e per il capoclan Salvatore Puccinelli, alias “straccetta”, e il figlio Ciro arrivano due clamorose assoluzioni. I ras del “sistema” di via Tertulliano rischiavano, rispettivamente, ventuno e otto anni di reclusione: questa era stata infatti la richiesta avanzata dal pubblico ministero. Condanne al ribasso anche per gli altri imputati, i quali hanno rimediato tutti pene comprese tra i quattro e i cinque anni. Si è dunque concluso con un colpo di scena il processo celebrato con il rito abbreviato innanzi al gip del Tribunale di Pescara. Verdetto favorevole per i boss Salvatore e Ciro Puccinelli, difesi dagli avvocati Leopoldo Perone e Antonio Rizzo, i quali hanno dimostrato l’inesistenza del profilo partecipazione all’associazione contestata ai due ras di Soccavo. Con il verdetto di assoluzione emesso ieri pomeriggio cala dunque il sipario su una vicenda giudiziaria complessa, durata anni e consumatasi tra annullamenti della Cassazione e ricorsi di difesa e pm sul versante cautelare, e che ha visto i due Puccinelli andare incontro al verdetto a piede libero dopo l’ultimo ricorso della difesa accolto dai giudici della Suprema Corte. Condanne tutto sommato lievi sono state invece inflitte agli altri imputati: tutte comprese tra i quattro e i cinque anni di reclusione. Il boss Salvatore Puccinelli finì in manette il 16 febbraio del 2011 a Pescara insieme ad altre diciassette persone, tra cui la moglie, deceduta qualche tempo dopo, e il figlio Ciro. Il capoclan si trovava in regime di sorveglianza speciale a Montesilvano in provincia di Pescara. Gli investigatori avevano scoperto che i tre avevano dato vita a un’associazione per delinquere, con tanto di capi e gregari, ognuno con i propri compiti e il proprio ruolo, finalizzata a commettere una serie indeterminata di delitti. Provvedevano cioè al reperimento, alla detenzione, al trasporto continuativo e alla cessione costante di ingenti quantitativi di cocaina, in arrivo da Napoli, per venderla nelle province di Pescara e Teramo attraverso un sodalizio subordinato e strettamente collegato all’organizzazione. Gli inquirenti avrebbero così accertato circa cinquanta episodi di spaccio al dettaglio, tutti consumatisi tra il settembre del 2009 e il febbraio successivo, riguardanti spacciatori locali, nodi terminali della filiera della droga che aveva il vertice proprio nell’organizzazione camorristica capeggiata dai Puccinelli. Al servizio di Salvatore Puccinelli avrebbero inoltre operato Angela Savarese e Mario Saggese, detto “Marittiell”. Accuse, almeno sulla carta, granitiche e a prova di assoluzione. Invece i due ras di Soccavo sono riusciti a strappare al fotofinish un insperato esito processuale. Quasi certo, una volta depositate le motivazioni della sentenza, il ricorso della Procura in appello.
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