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23 Novembre 2019 - 08:37
NAPOLI. Una lunghissima latitanza, seppur vissuta ad appena una manciata di chilometri da Napoli, comporta giocoforza dei sacrifici. Il boss Antonio Orlando lo sapeva bene e proprio per questo motivo aveva deciso di affidare a Luigi Esposito, alias “Gigino ’e Celest”, suo uomo di massima fiducia, le redini dell’organizzazione. “Mazzolino”, pur restando nell’ombra, poteva comunque contare sull’apporto del fedelissimo Sabatino Russo, al quale affidava i messaggi da recapitare al reggente. Proprio Russo ne avrebbe tra l’altro gestito la latitanza curando gli aspetti logistici, ma anche mantenendo i contatti con i nipoti Armando Lubrano, Raffaele Lubrano, Lorenzo Nuvoletta e Angelo Orlando del 1979. Sempre Russo si sarebbe infine occupato di partecipare ai summit con i padrini delle altre cosche, di gestire i traffici di droga dall’estero e quelli del contrabbando di sigarette, senza trascurare poi le estorsioni da imporre a commercianti e imprenditori. Proprio su quest’ultimo punto il collaboratore di giustizia Francesco Poziello, uno dei principali accusatori degli indagati tratti ieri in arresto, il 20 settembre 2016 ha reso un lungo interrogatorio. Con la consueta premessa che tutte le persone tirato in ballo dal pentito devono essere ritenute estranee ai fatti fino a prova contraria, ecco quanto il verbale riportato nel provvedimento cautelare emesso dal gip Ciollaro: «I prodotti del caseificio “La Leonessa” vengono imposti agli esercenti. Nel 2014 mi trovavo agli arresti domiciliari a Mondragone e venne a trovarmi il mio amico Marco, gestore del ristorante “Ribot” di Lago Patria, raccontandomi che era andato da lui Russo “’o schiattamuorto”, uomo affiliato sia ai Polverino che ai Mallardo, a imporgli la fornitura. Gli consigliai di rispondere a Russo che avrebbe acquistato una piccola quantità di mozzarella, perché nel suo ristorante ne consumava poca ed effettivamente così fece. Russo decise quindi che non valeva la pena di imporre l’estorsione». Ascoltato il 4 agosto 2016, Poziello aveva invece riferito di un’altra estorsione che Sabatino Russo avrebbe imposto a una ditta edile: «Si trattava di un cantiere di in via San Nallo per la costruzione di 4-5 appartamenti. Bloccai i lavori e dissi al capocantiere di mettersi a posto con i compagni di Giugliano. Si trattava di un cantiere abusivo, come d’altronde lo era la maggior parte nella zona di Lago Patria, Licola e Varcaturo. Successivamente Agostino D’Alterio (ras dei Mallardo, ndr) mi raccontò che aveva rintracciato mastro Gigino, il quale gli aveva detto che aveva pagato tutta la somma estorsiva nelle mani di Sabatino Russo del clan Polverino-Orlando. Questa circostanza non deve stupire, in quanto esiste un forte e stabile rapporto tra il clan Mallardo e i clan di Marano. Il 19 ottobre 2016 il pentito Patrizio Buonaccorso ha invece fornito delucidazioni in merito al traffico di hashish, storico cavallo di battaglia della cosca: «Da quando hanno arrestato “Ciccio Pertuso”e gli esponenti del clan Polverino, sono gli Orlando a gestire i traffici. A Marano conosco le “piazze” in mezzo alla preola, piazzetta della pace, a Calvizzano sul corso e in via Baracca».
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