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«Marigliano voleva togliersi di torno Salvatore Nurcaro»

«Marigliano voleva togliersi di torno Salvatore Nurcaro»

Le accuse del neo pentito Umberto D’Amico del clan dei “Gennarella”

NAPOLI. «Marigliano se lo voleva togliere di torno». Una frase secca, pronunciata dal neo pentito Umberto D’Amico, conferma agli inquirenti la bontà della pista seguita per il clamoroso agguato di piazza Nazionale che coinvolse la piccola Noemi. Alla base del raid contro Salvatore Nurcaro c’era una vicenda di droga successiva a un cambio di casacca, che però non aveva infastidito più di tanto i clan di San Giovanni a Teduccio interessati. Uno spaccato di camorra ben raccontato dal collaboratore di giustizia (nipote del boss detenuto Salvatore D’Amico “’o pirata”) nell’interrogatorio dell’8 luglio scorso. Ecco alcuni passaggi, con la consueta premessa che le persone citate devono essere ritenute estranee ai fatti narrati fino a prova contraria. IL RACCONTO. «Umberto Luongo mi disse che Salvatore Nurcaro si era messo con i Reale, anche se a noi non dava fastidio. Sapemmo che Marigliano se lo voleva togliere di torno. Mentre ero in carcere, per quanto ho saputo da mio zio Salvatore, Nurcaro faceva droga con i Reale. Quando sono uscito dal carcere a luglio 2017, ho trovato questa situazione: Antonio Marigliano aveva litigato con i Reale per una vicenda privata e allora Nurcaro stava con Marigliano. Poi i due hanno litigato per la storia della droga. “Antonio Marigliano aveva rifornito di droga Salvatore Nurcaro, che non voleva pagarlo. Umberto Luongo mi disse che Nurcaro era ritornato con i Reale”». Ancora su Salvatore Nurcaro e più in generale sui componenti del clan Reale, Umberto D’Amico ha parlato nel prosieguo dell’interrogatorio. «Nurcaro non è mai venuto a sparare da noi mentre venivano Pasquale Reale, Carmine Reale e Salvatore Luongo. Sono venuti a sparare almeno fino a 6-7 mesi fa. Nurcaro ha fermato (nel senso che bloccò, ndr) una piazza di spaccio, quella di Pasquale Urio detto “’o nano”,  di Pasquale Urio “’o grande” figlio di Giovanni Urio. Loro me lo dissero e me lo disse Lello Nurcaro, che ha una piazza di spaccio che paga noi D’Amico. Non credo che sia parente di Salvatore Nurcaro, il quale fermò anche la piazza di ……..(omissis), che paga sempre a noi; quella di ……….(omissis) che paga sempre noi e si rifornisce da noi. Sempre per conto e in nome del clan Reale». I RAPPORTI TRA I D’AMICO E I REALE. Nell’interrogatorio del 18 luglio scorso Umberto D’Amico ha parlato dei rapporti tra i “Gennarella“ (come sono soprannominati i D’Amico) e i Reale. Quando Patrizio Reale uscì dal carcere ci fu un periodo in cui ci rispettavamo. Ognuno gestiva le proprie cose, nel senso che San Giovanni a Teduccio era nostro e i Reale gestivano la loro piazza di spaccio. La pace è durata per circa 3-4 mesi dall’uscita dal carcere di Patrizio Reale. Di loro erano liberi Antonio Reale “’o ninnillo”, Gennaro Reale detto “Genny bamboccio”, Antonio Reale figlio del “cinese”, “’o mericano”, un altro ragazzo di cui non ricordo il nome. Saprei comunque riconoscerli in foto». Nel prosieguo dell’interrogatorio, giungendo praticamente alla recente estate, Umberto D’Amico ha riferito di “stese” varie e azioni di fuoco con tentati omicidi tra i D’Amico-Mazzarella (considerato dagli inquirenti un unico clan) e i Reale per il controllo delle piazze di spaccio. In particolare, scrive la procura antimafia che il controllo dei traffici di droga era “attuato dagli affiliati al clan Reale anche attraverso continue estorsioni ai capi piazza dei Mazzarella”. Tra gli episodi raccontati dal nipote di Salvatore “’o pirata” c’è l’agguato a un giovane che “stava appresso ad Antonio Reale “’o cinese”. «Ce lo raccontò Urio. All’epoca a comandare eravamo io e Umberto Luongo, che ci arrabbiamo moltissimo e quindi decidemmo di ucciderlo».

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