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07 Dicembre 2019 - 09:00
In un summit con gli affiliati esordì: «Noi non facciamo i salumieri, facciamo la malavita»
NAPOLI. L’attività d’indagine ha permesso di accertare i mutamenti che si sono verificati negli assetti criminali del Rione Sanità di Napoli negli ultimi anni, ricostruendo l’organigramma e i ruoli ricoperti dagli affiliati al clan Mauro. Mentre con l’aiuto dei pentiti è emerso il sistema di alleanze e le contrapposizioni che hanno contrassegnato la storia della criminalità del quartiere cittadino, a partire dalla scarcerazione di Muro Ciro (nel 2013). Così hanno un nome mandanti ed esecutori materiali di estorsioni, tentate e consumate, per somme tra i 10 e i 20mila euro. Dei 40 indagati nell’inchiesta il gip ha emesso 20 misure cautelare, a carico di Ciro Mauro (detto anche “Zì Ciruzzo”), dei 3 fratelli Chiaro, Fiorito, Imperatore (“’o lione”), Leonardo, Panaro, Criscuolo (’o Pecchip”), D’Alessandro “Sasà da zì Ficone”), Riccio, Sorianiello (“’o Brutos”), Taglialatela, Vacca (“Picchiett”), Vespoli e Limongello (unico ai domiciliari). Tra gli arrestati, oltre al capo, ci sono i 2 figli Alfredo e Giovanni, la convivente Assunta Chiaro e i fratelli di quest’ultima. La maggior parte di loro partecipava agli incontri, anche in casa di “Ciruzzo ’o milionario” in vico Pacella ai Miracoli, e in uno di essi Biagio D’Alterio esordì ricordando ai presenti di essere dei camorristi: «noi non facciamo i salumieri, facciamo la malavita». In quell’occasione parteciparono all’assemblea ristretta Salvatore Marfè, Emmanuele Imperatore, Emanuele Crespa (“’o chiatto”), Giovanni e Alfredo Mauro, Vincenzo Leonardo detto “Chiuvetiello”, Assunta, Giuseppe e Antonio Chiaro. I riscontri all’esistenza di un’associazione mafiosa con base ai Miracoli sono arrivati poi anche dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Mario Lo Russo, Rosario De Stefano, Daniele Pandolfi, Gennaro Buonocore e Salvatore Marfè.
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