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14 Dicembre 2019 - 09:35
La discendente dei re delle Due Sicilie partecipa alla mostra-mercato delle imprese meridionali “A Natale RegalaSud”, che si svolge oggi all’Hotel Renaissance Mediterraneo dalle 16.30 alle 21
NAPOLI. La Principessa Beatrice di Borbone-Due Sicilie è a Napoli in questi giorni per partecipare alla mostra-mercato delle imprese meridionali “A Natale RegalaSud”, che si svolge oggi all’Hotel Renaissance Mediterraneo dalle 16.30 alle 21. Discendente dei re delle Due Sicilie, la principessa Beatrice vive tra Parigi e la Sicilia e segue con grande attenzione l’economia del Sud e l’attività delle sue imprese.
Che sensazioni prova ogni volta che torna a Napoli?
«Mi sento a casa prima di tutto, perché ci venivo tanto da bambina con i miei nonni ed i miei genitori. Per cui, a parte tutto il discorso legato alla storia della mia famiglia, ho anche molti bei ricordi personali e tanti cari amici».
È ancora percepibile per un visitatore il grande passato di capitale della città?
«Assolutamente sì. La quantità eccezionale di opere d’arte, di chiese meravigliose, e di palazzi reali riporta immediatamente il visitatore all’idea di una città dal passato, non solo molto antico, con tutte le tracce dell’antica Grecia e di Roma, ma ancora carica dei simboli fastosi di una capitale, dove arte, cultura e ingegno hanno lasciato tracce indelebili. Come sa, io vivo a Parigi, una città importante. Eppure, dopo tanti anni, continuo a scoprire a Napoli cose meravigliose della città, che mi emozionano come in nessun altro posto».
Negli ultimi 15-20 anni c’è stata una forte ripresa di interesse per la Storia del Regno delle Due Sicilie e dei Borbone di Napoli. Come lo spiega?
«Credo che il tempo abbia consentito di guardare alla Storia con sereno distacco, con obbiettività, senza i condizionamenti politici che avevano dipinto a tinte tragiche il secolo borbonico. Gli storici, e soprattutto gli storici dell’arte, non hanno potuto negare quali vette di cultura, di civiltà, di progresso, fossero da attribuire al periodo di regno della mia famiglia. Oggi è evidente, ma prima non lo era, che l’umanità e la modernità del progetto San Leucio fossero eccezionali, come le bonifiche dei territori, lo sviluppo industriale, la giurisprudenza, la medicina, le fabbriche reali, che tanto lavoro creavano sul territorio. Oggi, poi, la crisi di identità conseguente al disagio economico delle regioni meridionali ha fatto sì che il ricordo del “secolo d’oro” del Meridione creasse uno spirito di coesione, per farci forza nell’unità della nostra storia».
Lei visita spesso il Sud e incontra esponenti della cultura, dell’associazionismo e delle imprese. Quali le sembrano i problemi più urgenti da affrontare?
«Indubbiamente il lavoro e, soprattutto, il lavoro dei giovani, i quali sempre più numerosi lasciano il Meridione, e ancora di più con la loro partenza impoveriscono la nostra terra. Potrei sbagliarmi, ma io al momento non vedo soluzioni politiche che siano propositive nei confronti del lavoro giovanile nel Meridione,. Anzi, vorrei dire che questo aspetto mi vede personalmente impegnata in un progetto mirato proprio a loro, e al coinvolgimento dei giovani nel lavoro artigiano. Inoltre, ritengo sia un problema l’immagine spesso negativa che viene attribuita al Meridione d’Italia, e che io trovo alquanto forzosa ed ingiusta. E questa immagine negativa condiziona e limita molto lo sviluppo turistico, che invece è il naturale futuro di zone meravigliose come questa».
C’è una sua attenzione speciale alle imprese del Sud?
«Sì. Come le accennavo percepisco bene che la disoccupazione giovanile è il cuore dei problemi del Meridione, e io sto cercando di creare attenzione sul problema e, perché no, se avrò fortuna, di creare anche posti di lavoro».
Parteciperà a una iniziativa del Progetto Comprasud, che associa le piccole e medie imprese meridionali. Pensa che la strada delle sinergie e di una rete di Pmi sia un aiuto efficace all’economia del Sud?
«Assolutamente sì. la sinergia crea sviluppo e indotto economico, il quale crea a sua volta sviluppo sociale. Inoltre, il recupero di manodopera qualificata, di tradizioni artigianali, la riscoperta degli antichi mestieri che possono essere riproposti in chiave contemporanea ridarà forza e identità culturale ai nostri giovani, quindi forza e speranza, sensazioni che oggi mi sembra di non percepire. Sono però una donna positiva e combattiva, e credo che questa rinascita nel nome della identità culturale sia come un’onda che porterà di nuovo benefici e progresso».
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