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18 Dicembre 2019 - 08:10
Chiesta la conferma delle condanne per Carrino e Perfetto. Processo d’appello alle battute conclusive, sperano Torre e Cutarelli
NAPOLI. Nessuno sconto per i responsabili dell’assassinio di Raffaele Stravato. La Procura antimafia tiene il punto e chiede in appello la conferma di tutte le condanne inflitte in primo grado al gotha del clan Lo Russo di Miano. A rischiare grosso sono soprattutto Ciro Perfetto e Vincenzo Carrino, inquadrati come gli esecutori materiali del delitto e per questo reduci da una pesantissima condanna all’ergastolo. Aveva accusato prima se stesso e poi gli altri componenti del suo stesso clan di aver organizzato l’omicidio di Raffaele Stravato, che durante la faida interna al clan Lo Russo di Miano aveva deciso di schierarsi con il gruppo degli scissionisti. Una scelta che per lui si rivelò fatale: il 23 ottobre del 2015 venne infatti assassinato mentre si trovava alla guida della propria auto. Nel novembre del 2018 il gup del Tribunale di Napoli, Francesca Ferri, lo ha assolto perché non ritenne la sua versione dei fatti coerente con le ricostruzioni di altri pentiti. È questa la strana sorte toccata a Mariano Torre, ritenuto dalla Procura di Napoli un pentito “eccellente”, in quanto appartenente al gruppo di fuoco di Carlo Lo Russo, ex boss anche lui diventato pentito e condannato a 16 anni, con le attenuanti della collaborazione. È lui il mandante del delitto che voleva così vendicare l’onta del tradimento a suo nipote Antonio detto “Tonino il capitone”. Assolto anche Luigi Cutarelli, difeso dall’avvocato Claudio Davino, il quale nella ricostruzione di Torre, era uno degli specchiettisti dell’omicidio. Sono stati condannati invece al carcere a vita Vincenzo Carrino e Ciro Perfetto che a 23 anni ha già una sfilza di ergastoli alle spalle. Raffaele Stravato fu ucciso a Marianella il 23 ottobre del 2015. Quando Salvatore Lo Russo clamorosamente si pentì e il figlio Antonio assunse le redini del clan, lui si schierò con Salvatore Scognamiglio. Quest’ultimo riunì intorno a sé un gruppetto di fedelissimi scissionisti, tra i quali anche il figlio del ras Ettore Sabatino. Ma il nuovo clan non decollò e il 5 agosto 2011 il capo fu ammazzato in un circolo ricreativo a Secondigliano. La vendetta dei “Capitoni” poi continuò e l’ultimo a finire nel mirino è stato Stravato. Proprio le dichiarazioni del presunto mandante (tutti gli indagati devono essere considerati innocenti fino all’eventuale condanna definitiva) Carlo Lo Russo e soprattutto del suo uomo di fiducia Mariano Torre, riscontrate dalle indagini svolte dalla Squadra Mobile, hanno consentito di far piena luce sul movente dell’efferato delitto, sui mandanti e sugli esecutori materiali.Raffaele Stravato si era schierato con il ras “scissionista” Salvatore Scognamiglio, che nel 2015 non riconobbe la leadership di Antonio Lo Russo sostenendo che era figlio del pentito Salvatore. “Tonino ’o capitone” non ebbe il tempo di vendicarsi dell’affronto subito dal gruppetto di affiliati fuoriusciti (salvo poi scegliere anch’egli la strada della collaborazione come il padre) e ci pensò lo zio Carlo, successivamente scarcerato, a lavare l’onta. Così, dopo Scognamiglio fu ammazzato pure Stravato, ma con l’onda lunga dei collaboratori di giustizia nello storico clan di Miano era ipotizzabile che prima o poi i nodi venissero al pettine. E adesso per i ras e i membri del gruppo di fuoco si profila una nuova stangata giudiziaria.
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