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09 Gennaio 2020 - 20:03
In appello “incassa” 14 anni e 8 mesi a fronte dei 18 anni del primo grado
MARANO. Nonostante la durata record della sua latitanza, protrattasi per ben 15 anni, seppur risulta aver ereditato con scaltrezza e lucida pianificazione il potere criminale degli storici gruppi Nuvoletta-Polverino, Antonio Orlando, soprannominato “mazzolino” per aver avuto lo stile del grande calciatore Sandro Mazzola, ottiene in appello la condanna a 14 anni e 8 mesi di reclusione a fronte di 18 anni che erano stati inflitti in primo grado. Le accuse erano pesantissime se sol si pensi che era gravato dall’aver promosso, diretto ed organizzato l’omonimo clan, oltre ad aver posto in essere una estorsione pari a ben cinquecentomila euro, accuse condite dall’essere il boss gravato anche dalla recidiva reiterata e specifica. Pesanti sono i trascorsi giudiziari di Antonio Orlando, già condannato nel corso dell’anno 2010 quale uomo di fiducia del super boss Lorenzo Nuvoletta, unico camorrista ad aver intrattenuto rapporti con la mafia, circostanza avvalorata dall’essere stato Antonio Orlando accusato negli anni 2000 di aver concorso in un omicidio proprio con il mafioso Brusca. Il compito della difesa dell’imputato, rappresentata dagli avvocati Dario Vannetiello (nella foto) e Rosario Pezzella, quindi, non era affatto agevole, anche perché di recente tutti gli altri affiliati erano stati già giudicati separatamente e condannati sia in primo che in secondo grado. Quattro erano i collaboratori di giustizia ad aver puntato il dito contro “Mazzolino”. Non solo; vi erano plurime intercettazioni avvenute tra gli affiliati dalle quali poteva agevolmente ricavarsi il suo ruolo sovraordinato. Antonio Orlando seppure era riuscito a non farsi intercettare, in due occasioni gli inquirenti avevano accertato la sua partecipazione a summit malavitosi. Eppure le argomentazioni giuridiche devolute dai penalisti hanno avuto il pregio di convincere in parte addirittura il Procuratore Generale tanto da indurlo a chiedere la riduzione della pena in anni dodici, considerazioni di diritto e di fatto che, alla fine, comunque, hanno fatto breccia anche sul collegio giudicante, con l’effetto di mitigare significativamente la sanzione a suo tempo irrogata nei confronti di un pluricondannato specifico che si era reso anche protagonista di una gravissima condotta: quella di essere riuscito a sfuggire alle penetranti ricerche delle forze dell’ordine per ben quindici anni. La Corte partenopea ha riservato in giorni 90 il deposito della motivazione, dopodiché la parola passerà alla Suprema Corte di Cassazione che verrà chiamata a pronunziarsi su numerose questioni giuridiche che la difesa ha già messo “in cantiere”: una su tutte, quella della sussistenza della prova circa la nascita di una nuova organizzazione camorristica, il clan Orlando, indipendente ed autonoma da quella denominata Nuvoletta-Polverino.
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