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14 Gennaio 2020 - 07:00
Il neo pentito rivela: «“Ciruzzo o milionario” ha ucciso Aniello La Monica»
NAPOLI. Centoquarantanove nomi per fare in maniera definitiva terra bruciata intorno al clan più potente di Napoli. Salvatore Tamburrino, una vita intera trascorsa da alter ego di Marco Di Lauro e oggi superpentito del “sistema” secondiglianese, punta il dito contro quelli che un tempo furono i suoi compagni di crimine. Nel primissimo elenco che gli inquirenti della Dda di Napoli hanno sottoposto al collaboratore di giustizia figurano già quasi 150 profili di presunti affiliati e fiancheggiatori della cosca. Un vero esercito di camorra che, sulla scorta delle indicazioni fornite da Tamburrino, sarà presto chiamato a rispondere delle proprie responsabilità penali. Ma il neopentito ha messo sul tavolo dei magistrati dell’Antimafia tutta la propria caratura di ormai ex ras puntando subito il dito addirittura contro l’indiscusso capoclan Paolo Di Lauro: «È stato lui a commettere l’omicidio La Monica, a raccontarmelo fu Marco in persona». L’omicidio del ras Aniello La Monica, assassinato nel lontano 1982, è stato il delitto che, di fatto, ha determinato la fulminante ascesa di Paolo Di Lauro al vertice della camorra secondiglianese. Proprio per quell’agguato, oltre che per l’assassinio di Domenico Silvestri avvenuto nel 1989, nove anni fa finirono in manette Antonio Abbinante, Raffaele Abbinante, Carmine Minucci, Maurizio Prestieri e Paolo Di Lauro. Nel tempo quell’inchiesta ha però perso diversi pilastri, alcuni dei quali portanti: non a caso appena due anni fa i fratelli Abbinante hanno visto cancellati in appello gli ergastoli incassati in primo grado. Le inedite rivelazioni di Salvatore Tamburrino potrebbero però gettare a breve nuova luce sull’agguato che segnò la definitiva affermazione del clan Di Lauro in quanto cosca a se stante. Sul punto, Salvatore Tamburrino il 21 novembre scorso ha usato parole a prova di equivoco. E lo ha fatto tirando in ballo sia il capoclan “Ciruzzo ’o milionario” che il figlio Marco, catturato a marzo dopo oltre 14 anni di latitanza: «Paolo Di Lauro - ha ricordato il neopentito - è il fondato del clan, l’ho conosciuto agli inizi degli anni Duemila, prima dunque che iniziasse la sua latitanza, andando a trovarlo a casa con Marco dietro alla zona, dove sta la palazzina di Pasquale Diano “’a carogna”, che era a sua disposizione. Quando l’ho conosciuto aveva Rosario Pariante, Enrico D’Avanzo e Raffaele Amato». A questo punto Salvatore Tamburrino tira in ballo il vecchio fatto di sangue: «Marco Di Lauro mi raccontò dell’omicidio La Monica, commesso da Paolo Di Lauro. Mi parlò anche della vicenda dell’omicidio del carabiniere o del poliziotto. So che la latitanza di Paolo Di Lauro era gestita da Pietro Barbato e la casa gli era stata procurata da Patrizio De Vitale detto “pepesce”». Nomi, cognomi e ruoli, per il momento solo accennati ma pronti a trasformarsi nel baratro che potrebbe inghiottire per sempre la super cosca.
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