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15 Gennaio 2020 - 07:30
Il pentito Tamburrino accusa: «Ha commesso degli omicidi»
NAPOLI. Di fratello in fratello, con in testa un solo pensiero fisso: macinare affari senza sosta e sempre sotto l’egida del clan Di Lauro. Giovanni Cortese, alias “’o cavallaro”, per anni infaticabile guardaspalle del boss Cosimo, dopo la cattura di quest’ultimo sarebbe passato al fianco del fratello Salvatore «occupandosi di droga, “cavalli di ritorno” e truffe assicurative». Ma soprattuto «partecipando a omicidi». Appare sempre più come un baratro senza fine, quello tratteggiato da Salvatore Tamburrino, ex braccio destro di Marco Di Lauro e oggi collaboratore di giustizia di primissimo piano. Dall’inedito verbale, i cui contenuti sono stati già anticipati sul “Roma” di ieri, emerge un’ulteriore raffica di accuse. E nel mirino di Tamburrino finisce adesso un altro degli uomini al vertice dell’attuale “sistema” di Secondigliano. «Giovanni Cortese, detto “’o cavallaro”, è un affiliato storico al clan», ha subito messo in chiaro Tamburrino nell’interrogatorio del 21 novembre scorso. Fissato l’incipit, il neopentito è andato dritto al nocciolo dell’accusa: «Cortese ha avuto un ruolo nella droga, nei “cavalli di ritorno”, ora sta con Salvatore Di Lauro, e ha partecipato a degli omicidi». I delitti che secondo il collaboratore di giustizia sarebbero riconducibili al 39enne ras sono stati per il momento “omissati” dalla Procura. Il numero di agguati mortali e le vittime restano quindi imprecisati, ma sul punto l’ormai ex braccio destro del boss Marco Di Lauro ha già fornito ampie delucidazioni: i risvolti, salvo clamorose incongruenze, investigativi non tarderanno ad arrivare. Che Giovanni Cortese non fosse un malavitoso di primo pelo è cosa nota da anni, ma “’o cavallaro” fino ad oggi non è mai finito sotto inchiesta per la sua presunta partecipazione a fatti di sangue. Salvatore Tamburrino ha ad ogni modo dimostrato di essere in possesso di parecchie informazioni sul conto di “’o cavallaro”: «Negli ultimi anni - ha fatto mettere a verbale - Cortese aveva uno stretto rapporto con Salvatore Di Lauro, occupandosi anche della droga del clan, cosa che ha fatto con me per un certo periodo. Attualmente si trovava ai domiciliari ma continuava l’attività criminale, avvalendosi di soggetti che salivano e scendevano da casa sua, come Aniello Apredda e Carmine Sabatino, arrestati nello stesso blitz. Insomma, ci andava un sacco di gente». Il collaboratore di giustizia si sofferma quindi sui business ai quali sarebbe si sarebbe dedicato Giovanni Cortese, fornendo un’ulteriore serie di dettagli: «Anche adesso opera da là sia nella droga, sia con i “cavalli di ritorno”, sia nella ricettazione con smontaggio dei pezzi; tramite Vincenzo Gatta è entrato nel business delle truffe assicurative, come tutti». Giovanni Cortese, stando sempre a quanto riferito da Tamburrino, forte della sua collocazione al vertice del clan Di Lauro avrebbe avuto negli anni anche un importante ruolo “diplomatico”: «Era Giovanni Cortese a tenere i rapporti con la Vanella Grassi. A casa sua ho incontrato Antonio Accurso. Io ho frequentato sia Umberto Accurso, che Antonio Guarino, che Antonio Mennetta, personaggio che non si sapeva controllare, dicendo che la sua vita era il carcere o essere ucciso. Cortese diceva poi di avere amici baresi che riforniva di droga. Lui l’acquistava da Vincenzo Barbella, qualche volta dal clan Contini, da De Feo e da un certo “piccirillo” (Antonio Aieta, ndr), cognato di Eduardo Contini». Alleanze trasversali per macinare milioni e restare al vertice del “sistema”.
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