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17 Gennaio 2020 - 07:41
NAPOLI. La procura ha chiuso le indagini preliminari sull’omicidio di Luigi Mignano (il cosiddetto omicidio dello zainetto), avvisando gli indagati e i lori avvocati che possono rendere dichiarazioni spontanee o presentare memorie difensive. Un atto che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio per i presunti responsabili del delitto, a seconda delle varie posizioni: Umberto D’Amico (poi pentitosi), Umberto Luongo, Gennaro Improta, Salvatore Autiero, Giovanni Musella, Ciro Rosario Terracciano, Pasquale Ariosto e Giovanni Salomone. A difenderli ci sono avvocati esperti e battaglieri quali Leopoldo Perone, Mauro Zollo, Salvatore Impradice, Francesco Buonaiuto, Raffaele Ottieri, Marco Schiavone, Roberto Saccomanno, Raffaele Fucci, Sergio Lino Morra, Alessandro Pignataro, Giuseppe Perfetto e per il collaboratore di giustizia, Patrizia Sebastianelli.
Secondo l’accusa (ferma restando la presunzione d’innocenza degli indagati fino all’eventuale condanna definitiva) i mandanti dell’omicidio furono Umberto D’Amico (nipote del ras detenuto Salvatore D’Amico “’o pirata”, estraneo all’inchiesta) mentre a compierlo materialmente sarebbe stato Ciro Rosario Terracciano. Il movente dell’agguato, studiato nei minimi particolari, sarebbe duplice: la parentela di Luigi Mignano con i nemici Rinaldi del rione Villa (la vittima era il cognato dei fratelli boss) e un contrasto avvenuto pochi giorni prima con esponenti dei “Gennarella”. Nella sparatoria rimase ferito il figlio Pasquale e sfuggì per un soffio alle pallottole vaganti il nipotino, che nel fuggire perse lo zaino con cui stava andando a scuola accompagnato dal padre e dal nonno.
Il cerchio investigativo intorno ai responsabili dell’omicidio si è chiuso in 2 fasi: prima sono stati arrestati in 7, poi Giovanni Salomone e Giovanni Borrelli, che risponde soltanto per la detenzione della pistola utilizzata per l’agguato. Decisive per l’emissione nei loro confronti di un’ordinanza di custodia cautelare sono state le dichiarazioni di Umberto D’Amico “’o lione”, che oltre ad accusarsi ha puntato il dito contro tutti i componenti della struttura che pianificò ed eseguì il delitto.
Giovanni Salomone era stato già individuato dalla polizia come partecipante all’organizzazione dell’agguato, ma gli indizi raccolti a maggio scorso (quando fu eseguito un fermo a carico dei primi 7 indagati, tra cui Umberto D’Amico) non erano sufficienti per la custodia cautelare. Le dichiarazioni del pentito hanno cancellato i dubbi di investigatori e inquirenti. Il cognato di Salvatore D’Amico “o’ pirata” (e dei fratelli Gennaro e Luigi) la mattina dell’omicidio è stato ripreso da una telecamera mentre si trovava su un terrazzino, proprio insieme a “o’ Lione”, di fronte al luogo della sparatoria. Da lì i 2 avrebbero dato l’imput ai sicari in strada.
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