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Scambio di persona a Dubai: non è Bruno Carbone, libero Domenico Alfano

Scambio di persona a Dubai: non è Bruno Carbone, libero Domenico Alfano

NAPOLi. Sull’intrigo internazionale di Dubai fa capolino un primo spiraglio di luce. Domenico Alfano, il ristoratore napoletano arrestato il 20 dicembre scorso in quanto sospettato di essere il narcotrafficante Bruno Carbone, è stato scarcerato a poche ora dalla partenza dell’aereo che avrebbe dovuto riportarlo in Italia. Quando era ormai tutto pronto per l’estradizione, e soprattutto dopo oltre un mese di prigionia negli Emirati, l’imprenditore è infatti tornato a piede libero. Già in occasione dell’arresto eseguito nell’aeroporto di Dubai il 43enne Domenico Alfano aveva sostenuto a gran voce la propria innocenza. L’imprenditore, titolare di un rinomato ristorante a Panama, aveva infatti spiegato che il passaporto con il quale viaggiava non era falso, come invece trapelato dai primi controlli, e che soprattutto lui non era affatto Bruno Carbone, il broker della droga ricercato da anni per i suoi affari con i “sistemi” di Napoli e dell’hinterland settentrionale del capoluogo. La vicenda, per motivi e responsabilità al momento tutti da accertare, si è però aggrovigliata in maniera drammatica. Un quadro labirintico, costato ad Alfano 31 giorni di carcere. La buona notizia è che quando il suo destino sembrava ormai segnato, con tanto di estradizione in Italia già fissata per la giornata di ieri, ecco che è arrivata l’improvvisa e inattesa scarcerazione. A poche ore dalla partenza del volo con cui sarebbe stato trasferito a Roma il 43enne ha così potuto riabbracciare la moglie e i due figli minorenni: tutti presenti a Dubai al momento del fermo e rimasti negli Emirati da quel giorno. L’odissea vissuta da Domenico Alfano rischia però adesso di avere delle pesanti ripercussioni. Ne è convinto Stefano Zoff, l’avvocato che ha assistito il 43enne nei complicati sviluppi di questo intrigo internazionale: «Mi sembra evidente - commenta a caldo il penalista - che siamo davanti a un colossale equivoco, che è però costato tantissimo ad Alfano e la sua famiglia in termini di sofferenza. Non sappiamo ancora chi sia, ma un responsabile per quello che è accaduto deve esserci». L’avvocato Zoff, pur senza puntare il dito contro nessuno, azzarda un’ipotesi: «Forse c’è stata una diffidenza degli inquirenti italiani nei confronti degli investigatori di Dubai, ma anche l’Interpol, che è subito intervenuta, avrebbe dovuto avere tutti i mezzi per verificare l’identità del mio assistito. Gli elementi individualizzanti c’erano tutti». Qualcosa però è andato storto. Un cortocircuito sul quale la famiglia Alfano vuole adesso vederci chiaro: «Ci riserviamo - conclude l’avvocato - di valutare tutte le possibili iniziative che ci possano consentire di arrivare alle risposte che stiamo cercando. Innanzitutto è necessario chiarire il perché dei tempi biblici con cui si è sviluppata la vicenda. Dopo di che, se ce ne saranno gli estremi, intraprenderemo un’azione legale per risarcimento».

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