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20 Febbraio 2020 - 07:15
Il pm invoca 24 anni per il boss Paolo Pesce
NAPOLI. Fiumi di droga trafficati e smerciati sull’asse Quartieri Spagnoli-Secondigliano, la Procura distrettuale antimafia lancia l’affondo ai “vecchi” narcos di Napoli e invoca una stangata giudiziaria che rischia di valere qualcosa come 260 anni di reclusione. Alla sbarra, insieme ad altri 17 imputati, c’è anche e soprattutto Paolo Pesce, una vita trascorsa da uomo di punta del clan Mariano ma poi “giratosi” per fondare il gruppo delle “Teste Matte”. Proprio lui rischia adesso di andare incontro alla condanna più alta: 24 anni di carcere. Con la requisitoria che il pubblico ministero della Dda ha tenuto ieri mattina innanzi all’undicesima sezione penale approda dunque alle battute conclusive il processo di primo grado a carico dei 18 narcos e pusher che hanno chiesto di essere giudicati con il rito ordinario. Tutti sono a vario titolo accusati di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. Nel dettaglio, ecco le richieste di pena avanzate dalla Procura: Angelo Aldorasi, 18 anni di reclusione; Adriana Caputo, 7 anni; Filippo Diana, 18 anni; Nadia Vincenza De Fortis, 10 anni; Filippo Diana, reato prescritto; Giancarlo Di Pinto, 18 anni; Carmine Egidio, 16 anni; Salvatore Fabricino, 16 anni; Luigi Egidio, 20 anni; Carmine Diani, anni; Maria Rosaria Marino, 10 anni; Luigi Ombra, 14 anni; Gaetano Ostetrico, 10 anni; Gomes Josè Peres, 8 anni; Francesco Riccio, 16 anni; Paolo Russo, 13 anni; Maurizio Valeri, 13 anni; Paolo Pesce, 24 anni. Il processo ha sostanzialmente riunito i presunti partecipi a due diverse organizzazioni, la prima, quella capeggiata dall’ex leader delle “Teste Matte”, con base ai Quartieri Spagnoli, l’altra attiva invece tra Scampia e Secondigliano. Tra i principali accusatori si registra l’ex ras Giovanni Piana, ma vale la pena ricordare che in tempi più recenti anche l’ex boss dei Cariati, Marco Mariano “’o picuozzo”, ha a più riprese descritto gli affari di droga intercorsi tra il “sistema” di Montecalvario, di cui per anni è stato l’indiscusso padrone, e quello di Napoli Nord. La sentenza è attesa per la fine della primavera. Quanto a Paolo Pesce, il capo delle “Teste Matto” era tornato a far parlare prepotentemente di sé nel dicembre di due anni fa, quando il ras scissionista è tornato a piede libero e sui Quartieri Spagnoli è ripiombato lo spettro della faida tra le vecchie famiglie di camorra. Cessate esigenze cautelari e mancanza di attualità del reato: furono queste le ragioni che, nell’ambito di due distinti procedimenti giudiziari, hanno spinto i giudici del Tribunale di Sorveglianza a disporre la scarcerazione dell’allora 53enne Pesce, alias “Chipeppe”, un tempo affiliato di punta al clan Mariano e in seguito “giratosi” fondando un proprio gruppo, le “Teste Matte”. Nel frattempo non disdegnò di essere tra i protagonisti - leggasi, membro del gruppo di fuoco - nella sanguinosa guerra tra i “Picuozzi” e i Di Biase “Faiano”. Sta di fatto che la notizia ci ha messo poco a diramarsi in ogni angolo di Montecalvario. Le ragioni dell’uscita di “Chipeppe” dal carcere vanno individuate su un doppio binario. In un primo processo, nel quale il ras è imputato per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, era subentrata la cessazione delle esigenze cautelari. In un secondo procedimento, quello che vede “Chipeppe” già condannato in primo grado a 23 anni per l’omicidio di Giuseppe Campagna, freddato ai Quartieri nel 1990, si è invece configurata la mancanza di attualità del reato. Adesso il ras rischia però una nuova stangata.
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