Cerca

Tentato omicidio, per i nipoti del boss Licciardi il processo torna in Appello

Tentato omicidio, per i nipoti del boss Licciardi il processo torna in Appello

Per la Cassazione i giudici non hanno tenuto conto delle attenuanti. 

NAPOLI. Furono condannati per tentato omicidio in primo grado alla pena di 12 anni. Vincenzo e Antonio Licciardi, hanno cercato di ammazzare il 31 marzo del 2013 il dominicano Rivas Josèa dopo che quest’ultimo aveva negato ad Antonio Licciardi di ballare con la sua fidanzata in discoteca. Il primo colpo fu schivato Rivas e colpì all’addome un altro cittadino domenicano, Portolatin Cruz Virginio, poi, la pistola si inceppò e cosi Rivas scampò alla morte. Il gip emise un’ordinanza di custodia cautelare il 2 aprile ma Vincenzo Licciardi riuscì a rendersi latitante fino al 25 maggio del 2013. All’esito del giudizio di primo grado, gli imputati furono condannati a dodici anni per il delitto di tentato omicidio aggravato dai futili motivi e per il delitto di detenzione e porto in luogo pubblico di un’arma da sparo. In sede di appello, il sette luglio del 2014, la pena fu ridotta per entrambi a 10 anni. Già nel corso del giudizio di primo grado i due fratelli Licciardi avevano provveduto ad offrire un risarcimento dei danni pari a ventimila euro al Portolatin e mille euro al Rivas. Ma sia il Giudice di prime cure che la Corte di appello avevano negato la concessione dell’attenuante del risarcimento sulla base di diffuse argomentazioni: non vi era stata alcuna resipiscenza da parte degli imputati; non era possibile stabilire se gli imputati avessero utilizzato denaro proprio per risarcire; le somme non erano state ritenute proporzionate alla gravità del fatto. La questione è stata portata innanzi alla Corte di Cassazione. Nonostante il Procuratore Generale, Iacoviello, avesse insistito per la conferma della sentenza di condanna, hanno prevalso e convinto i Supremi Giudici le articolate argomentazioni giuridiche di cui si sono resi protagonisti gli avvocati Dario Vannetiello ed Eduardo Cardillo. Infatti, la Suprema Corte di cassazione, I sezione penale, ha annullato la sentenza emessa dalla quinta sezione Corte di Appello  di  Napoli, relativamente alla concedibilità dell’attenuante del risarcimento del danno, la quale  comporta la riduzione della pena sino ad un terzo di quella inflitta. Pertanto la sentenza di condanna non è divenuta definitiva e dovrà svolgersi un nuovo giudizio innanzi ad altra sezione della Corte di appello di Napoli all’esito del quale dovrà procedersi ad una riduzione della pena di anni dieci, già pena mite considerato la gravità dell’azione posta in essere dagli imputati. 

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Il Roma

Caratteri rimanenti: 400

Logo Federazione Italiana Liberi Editori