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Coronavirus, l'allarme della Fipe: «A Napoli un terzo dei locali non riaprirà»

Coronavirus, l'allarme della Fipe: «A Napoli un terzo dei locali non riaprirà»

Appello alla Regione per poter riprendere almeno le consegne a domicilio

NAPOLI. «Le aziende hanno bisogno di lavorare, non possiamo stare chiusi a vita. Le consegne a domicilio sono un piccolo palliativo ma possono contribuire a salvare qualcuno, visto che prevediamo che un terzo dei locali di ristorazione non riapriranno quando finirà il lockdown». Così Massimo Di Porzio, presidente della Fipe Confcommercio per Napoli e provincia e titolare della storica Pizzeria Umberto a Napoli. «De Luca - spiega Di Porzio - ci disse resistete per 15 giorni. Ma ora è passato un mese e mezzo e abbiamo chiesto due volte un appuntamento, ma stiamo aspettando. Neanche per il 4 maggio ci sono arrivati segnali. Io mi rendo conto che è facile chiudere tutto, ma le consegne garantirebbero a qualche piccola azienda di sopravvivere e darebbero un servizio ai consumatori». «Ho amici a Milano che mi raccontano del pranzo di Pasqua che gli è stato consegnato a domicilio. - continua - Per questo abbiamo avviato una organizzazione con alcuni pizzaioli come Gino Sorbillo, Ciro Salvo, Franco Pepe e la risposta sui social è stata fortissima con oltre 400 locali in Campania che chiedono di ripartire almeno con le consegne». «Quando l'emergenza finirà le persone non verranno più al ristorante come prima, ci aspettiamo un calo del 60-70% e molti non ce la faranno. Dobbiamo pensare non solo agli imprenditori, ma a tutti i dipendenti. Per questo abbiamo pensato di riunire un pò di personale in cooperative che potrebbero occuparsi delle consegne con i dispositivi di protezione adeguati. Ma ripeto, vogliamo un segnale, un dialogo» conclude Di Porzio.

«Sarebbe importante cominciare a riaprire per le consegne, garantirebbe una sopravvivenza minima, con 30-40 pizze al giorno per molti locali. La crisi è durissima, anche io quando si riparte dovrò chiudere almeno quattro locali, tra cui, credo, quello sul lungomare di Napoli». Rincara la dose Gino Sorbillo, uno dei pizzaioli napoletani più celebri in Italia e nel mondo che, come gli altri colleghi, chiede alla Regione di poter riprendere almeno le consegne a domicilio. «Parliamo di cibo appena cotto e consegnato in tutta sicurezza - spiega Sorbillo - abbiamo ideato una confezionamento con pellicola alimentare che avvolge la scatola della pizza, che verrebbe confezionata appena uscita dal forno a 100 gradi, creando una camera d'aria bollente di sicurezza». «Questa chiusura danneggia paurosamente tutti, le piccole pizzerie ma anche i pizzaioli che hanno molti locali e pagano affitti alti in alcuni casi. - conclude Sorbillo - Io stesso dovrò chiudere almeno quattro locali, quello sul lungomare di Napoli, che ha un affitto molto alto, e Zia Esterina al Vomero, ma anche due punti a Milano, credo Olio a Crudo e Zia Esterina. Per ora l'unica pizzeria che funziona regolarmente è quella di Tokio, dove si serve anche la pizza al tavolo».

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