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Il boss latitante rientrava in città camuffato da prete

Il boss latitante rientrava  in città camuffato da prete

Il pentito Della Corte: «Ammendola mi fece sparare con l’aiuto di Mario Pomarico»


NAPOLI. Da latitante, il boss Giuseppe Ammendola tornò a Napoli travestito da prete e in quell’occasione, secondo il pentito Antonio Della Corte, decise e ordinò di ucciderlo. Un tentato omicidio ancora irrisolto, maturato all’interno del clan Contini cui appartenevano il ras arrestato l’estate scorsa e il collaboratore di giustizia, allora inserito nell’organizzazione criminale del Vasto con compiti di spacciatore. Era luglio 2003 e ora una nuova accusa potrebbe piovere sulla testa di “Peppe ’o guaglione”. Fermo restando naturalmente, che tutte le persone tirate in ballo devono essere ritenute estranee ai fatti narrati fino a prova contraria. «Fui scarcerato il 5 luglio del 2003 -, ha messo a verbale Antonio Della Corte - e dopo appena una settimana, rimasi vittima di un tentativo di omicidio e sono certo che il tentativo era da attribuire al fatto che un mio nipote aveva cominciato a collaborare con la giustizia. Ho saputo a distanza di anni che a ordinare il delitto è stato “Peppe o’ guaglione”, personaggio malavitoso del clan Contini che comanda la zona del Borgo Sant’Antonio Abate. Ritengo inoltre, che ad avere un ruolo sia stato anche Mario Pomatico, altro pregiudicato del clan Contini, il quale era presente al momento della sparatoria. Ho desunto, dal comportamento che tenne, che quest’ultimo svolse la funzione di “specchiettista”. Ricordo infatti, che mentre mi era accanto conversava con il proprio cellulare con qualcuno al quale riferiva la mia presenza in strada». Antonio Della Corte, soprannominato “Tonino ’o criminale” prima di passare dalla parte dello Stato, ha raccontato ai pm antimafia anche di un’intimidazione subita da esponenti del clan Contini. «Mi trovavo all’interno del mio stabile in via Cesare Rosaroll e improvvisamente sono giunti a piedi cinque individui che io conosco come appartenenti al clan Contini. Si tratta di Pasquale, tale “Antonio o’ malomm”, tale “’o nannone”, “’o russ” e un altro giovane di corporatura esile che è stato scarcerato da poco. Preciso che di tali soggetti sono in grado di fornire ulteriori particolari al fine di arrivare alla loro identificazione nonché di essere in grado di riconoscerli sia di persona che in fotografia.  Appena giunti davanti a me, “Antonio ’o malommo”, spalleggiato dagli altri che mi avevano accerchiato, mi ha intimato di riprendere la mia attività di spaccio che avrei dovuto svolgere vendendo per conto di “Peppe ’o guaglione”. Si tratta in realtà dell’attività di spaccio che ho sempre effettuato: un’attività di spaccio praticata per conto dell’organizzazione criminale e per la quale sono stato già condannato». Giuseppe Ammendola, tirato in ballo dal pentito, è indagato a piede libero nell’inchiesta culminata l’altro ieri in 33 arresti per traffico internazionale di sostanze stupefacenti. Nell’indagine, condotta dai carabinieri del Ros e del Nucleo investigativo del comando provinciale, sono coinvolti Ettore Esposito detto “Ettoruccio” (nipote di Eduardo Contini), Ettore Bosti “o’ russo” (altro nipote di “’o romano”, Rosario Piccirillo “’o biondo”, Vincenzo Tolomelli, Antonio Muscerino detto “Tonino o’ biondo”.

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