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04 Maggio 2020 - 16:37
Il coordinatore campano Russo: «Ci sono 50mila persone a rischio, occorre un intervento del Governo»
di Maurizio Vela
A causa del Coronavirus le settemila autoscuole italiane sono sull’orlo del collasso. La chiusura da circa due mesi sta mettendo in ginocchio il settore, non ci sono entrate e si continuano a pagare affitti, mutui, utenze e le spese di gestione dell’enorme parco veicolare, delle sedi. È la denuncia di Pino Russo, presidente emerito e coordinatore regionale Campania della Confarca, Confederazione che rappresenta le scuole guida, scuole nautiche, studi di consulenza e centri di revisione veicoli, che lancia un appello al governo per una «ripresa immediata delle attività. Qui c’è da salvare 50mila persone che lavorano nei nostri settori di competenza e che rischiano il licenziamento». Alle scuole guida è stato vietato di svolgere le attività didattiche, come ad esempio la preparazione agli esami teorici e pratici e sono stati sospesi tutti gli esami, quindi non ci sono introiti ma solo spese. A pagarne lo scotto però, sono anche gli utenti, ci sono candidati già pronti per le prove che, per la parte teorica, rischiano di dover ricominciare la preparazione e per la parte pratica dovranno acquistare nuovamente le guide. «Chiediamo delle risposte immediate a fronte di uno stallo che sta letteralmente polverizzando un settore con 7mila imprenditori ed oltre 30mila addetti che a breve saranno costretti a chiudere. Il rischio contagi nelle autoscuole è basso perché con una propria organizzazione, si riuscirebbe a garantire il distanziamento sociale, l’igienizzazione e la sanificazione degli ambienti. L’attività di scuola nautica è sospesa ed è stata ormai compromessa tutta la stagione, in quanto, lavorando solo in questi mesi, stando fermi, senza generare incassi, ci sono soltanto spese di ormeggi, rimessaggi e manutenzione». Anche gli studi di consulenza, le cosiddette agenzie di pratiche auto sono ferme al palo, tutto il mondo relativo alla vendita di veicoli è paralizzato e gli Uffici competenti sono chiusi (Pra) o aperti solo per le necessità emergenziali (Motorizzazione), così come altri servizi collaterali bloccati, visure, certificazioni varie e pratiche relative alle patenti di guida. Per non parlare poi dei centri di revisione veicoli a cui è stato concesso di stare aperti ma con un provvedimento scellerato di proroga fino al 31 ottobre, ha fatto sì che il lavoro fosse completamente azzerato. «Abbiamo chiesto a gran voce al Governo - dice Russo-, interventi immediati a sostegno delle nostre attività ma nessuno ci ha dato ascolto o forse, fanno finta di non capire che la situazione è molto piu grave di quanto si possa immaginare, provocando dei danni letali ai nostri settori. Non diciamo assolutamente che bisogna riaprire tutto e subito, ma che almeno qualcuno da Roma ci dia degli spiragli di luce, farci capire quando cominciare ad indicare delle date di ripartenza, programmare esami, riavviare anche in modo progressivo le attività degli uffici pubblici, ovviamente con tutte le misure di protezione anti-contagio a cui saremo ben lieti aderire». E ancora: «Per gli esami teorici, per il conseguimento delle patenti di guida ed anche per gli esami nautici, abbiamo proposto, anche solo per questo periodo di emergenza, di effettuarli presso le nostre sedi, anche se si dovessero svolgere in forma cartacea, così come fatti per oltre 40 anni, potrebbe essere una soluzione utile per evitare assembramenti mattutini in Motorizzazione con centinaia e centinaia di candidati tutti allo stesso posto. Ci aspettavamo come minimo provvedimenti più incisivi da parte del Governo, con finanziamenti mirati al nostro settore, così come è stato fatto dalle altre nazioni europee, non i miseri 600 euro. Il palazzo di Governo invece ha ritenuto, per aiutarci, solo di garantire i prestiti bancari e non di erogare finanziamenti a fondo perduto come avremmo auspicato. Il nostro augurio è quello di avere voce in questa faccenda e che qualcuno possa ascoltare la nostra richiesta, a nome delle imprese ma anche delle famiglie di tutti gli addetti ai lavori e con la speranza di non dover scendere in piazza in massa a manifestare per un nostro diritto».
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