Appello dai parroci per un impegno delle istituzioni in favore dei giovani, “veri poveri” di senso e valori
GRAGNANO. Ieri le parole dell’Arcivescovo della diocesi di Sorrento-Castellammare di Stabia, monsignor Francesco Alfano: “Non ci rassegniamo alla morte di un giovane”, per rimarcare la innaturalità della violenza che attraversa la società e alcune “bande rivali’ di giovanissimi in tutto il territorio. La morte per accoltellamento del 17enne Nicholas Di Martino, per mano di due suoi coetanei, già agli arresti, ha scioccato il piccolo comune di Gragnano, dove anche tra i ragazzi vivono le faide dei genitori appartenenti ai clan opposti. E, così, oggi scendono in campo i parroci tutti della di Gragnano con una “Lettera aperta alla città”. Nelle parole dei sacerdoti che animano gli oratori e i tanti movimenti di carità, c’è un’analisi delle “povertà” che vivono oggi i giovani. E c’è l’appello a tutte le istituzioni affinché praticamente si mettano all’opera per recuperare i gravissimi vuoti di senso che vivono i giovani. «Nei due mesi di isolamento appena trascorsi abbiamo sognato a occhi aperti il ritorno alla normalità, sicuri che la sofferenza della quarantena ci avrebbe resi migliori. Come per magia. La morte di Nicholas e gli eventi successivi ci hanno risvegliati di colpo, sbattendoci in faccia la realtà in cui siamo: una morte del genere avvenuta in pieno centro, tra i palazzi di via Vittorio Veneto, in modo tanto violento, è un duro colpo per l’intera comunità» scrivono i parroci di Gragnano. «La Via della bellezza - quella che un tempo vedeva fiumi di ragazzi a passeggio tra le mimose -, si è trasformata in uno scenario agghiacciante - proseguono -. Come può essere accaduto, proprio così, a sangue freddo, in uno scontro tra ragazzi poco più che adolescenti? E proprio lì, in un luogo simbolo per noi: a pochi passi dal Municipio, a un tiro di sasso dai campetti dell’oratorio, all’ombra dei nostri bei campanili?». E si torna all’esortazione del Vescovo Alfano, di non restare indifferenti. «Forte è il dolore per la morte prematura, anzi, del tutto acerba di un figlio neanche maggiorenne. Grande è lo sgomento per la possibilità che si ripetano altre violenze, nella spirale vorticosa della voglia di vendetta. Ma ancor più profonda è la preoccupazione per i giovani, tutti i giovani della nostra città che, ora come ora, sono “a rischio contagio”: non si tratta del coronavirus - ben inteso - ma del morbo sottile dell’egoismo, del non senso, dell’aggressività, della noia che diventa apatia, e dell’apatia che diventa voglia di eccesso che, in quest’estate assolutamente imprevedibile, rischiano di diffondersi a macchia d’olio». Ed eccola la vera preoccupazione dei sacerdoti e di chi ha a cuore i giovani: «Ultimamente si fa tanto un parlare di “povertà” ma, a ben vedere, tra le categorie più in affanno per gli scompensi del dopo-Covid ci sono proprio loro, i giovani. Vivono e vivranno un tempo duro. Sono i più poveri tra tutti perché limitati nelle possibilità, in ansia per lo studio e il lavoro, bloccati rispetto alle prospettive di futuro che il mondo paventa... Siamo dinanzi a una seria emergenza educativa che interpella tutti, nessuno escluso. Serve ricollocare al centro delle nostre attenzioni la cura e la formazione dei piccoli. È necessario investire “a fondo perduto” tempo, risorse ed energie in loro favore, perché possiamo costruire insieme la città del domani. Non è più rimandabile una opzione preferenziale per i giovani in tema di avviamento al lavoro, cultura, proposte educative, creazione di luoghi sani di aggregazione, perché siamo dinanzi a una povertà senza precedenti». E, infine: «La comunità ecclesiale di Gragnano, in ogni sua parrocchia, in ogni sua parte, nello specifico di ogni singolo gruppo e associazione si fa vicina a chi è nel dolore per la morte di Nicholas. Implora il cessate il fuoco dinanzi a ogni possibile tentativo di vendetta. E rinnova la sua totale disponibilità, con ogni forma e mezzo possibile, affinché i giovani gragnanesi si sentano accompagnati e sostenuti in questo tratto di strada difficile. Perché essi, “quelle membra del corpo che sembrano più deboli, sono anche le più necessarie” (1 Cor 12,25)».
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