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30 Marzo 2016 - 16:21
Il 48enne è l'autore della strage di Secondigliano: il 15 maggio dell'anno scorso imbraccio un fucile e ammazzò cinque persone. Il 15 marzo scorso Murolo è morto dopo aver ingerito, nella sua cella di Poggioreale, una dose massiccia di medicinali che gli erano stati somministrati nel corso delle settimane precedenti e che invece non aveva mai ingerito.Ora la Procura vuole vederci chiaro: spunta l'ipotesi dell'omicidio
NAPOLI. La Procura di Napoli ha aperto un’inchiesta sulla morte di Giulio Murolo, il 48enne di Secondigliano che il 15 maggio del 2015 imbracciò un fucile dalla finestra della sua umile casa in via Miano ed ammazzò il fratello Luigi, la cognata Conetta Uliano, un passante su uno scooter Luigi Cantone, e due agenti della polizia municipale, Francesco Bruner e Vincenzo Cinque morto dopo due mesi di agonia. Il 15 marzo Murolo è morto dopo aver ingerito, due giorni prima nella sua cella del carcere di Poggioreale, una dose massiccia di medicinali che gli erano stati somministrati nel corso delle settimane precedenti e che invece non aveva mai ingerito. Il 13 marzo fu ricoverato d’urgenza in “codice rosso” al Loreto Mare e se in un primo momento le sue condizioni apparivano critiche il giorno dopo era notevolmente migliorato. Poi l’improvvisa ricaduta e la morte per arresto cardiocircolatorio. Ma c’è qualcosa che non torna e il fratello di Murolo ha deciso di presentare un esposto-denuncia agli agenti del commissariato Scampia, diretti dal commissario Cristiano Tatarelli e dal vicecommissario Lorenzo Stabile. Il magistrato Stefania Castaldi, il pm che fino a pochi mesi fa era nella Dda di Napoli ed ha stroncato la faida di Scampia e Secondigliano grazie a centinaia di arresti, ha bloccato la sepoltura e disposto autopsia ed esami tossicologici. C’è bisogno di fare luce su una serie di circostanze che al momento non sono del tutto chiare. Innanzitutto il magistrato ha chiesto la cartella clinica di Murolo per comprendere i motivi che hanno portato alla sua morte ed ha disposto un’autopsia sul cadavere che è già stata eseguita la scorsa settimana. La salma del 48enne fu sbloccata dopo 24 ore, prim’ancora che il pm autorizzasse i funerali, cosa alquanto inusuale per un decesso avvenuto dopo un tentativo di suicidio in carcere. Pertanto sono stati disposti anche gli esami tossicologici: non solo per stabilire cosa abbia ingerito di preciso Murolo ma per poter escludere ogni tipo di altra causa, anche un eventuale avvelenamento. Il detenuto infatti non era più in isolamento ma era in un padiglione del carcere “particolare” e protetto. Determinati reati, gli omicidi così efferati, o ad esempio i reati di violenze sessuali o infanticidi, non sono tollerati nell’ambiente carcerario e c’era il rischio che Murolo potesse essere aggredito. Il suo disagio e le sue paure le ha raccontate al fratello in un colloquio molto lungo avvenuto in carcere a poche settimane dalla morte e in diverse lettere che lo stesso Murolo gli ha spedito. Raccontava della voglia che aveva di togliersi la vita e anche della paura di vivere nel carcere. Alcune di queste lettere, quelle ritenute più significative, sono state depositate nell’esposto-denuncia che adesso è nelle mani del pubblico ministero che probabilmente chiederà di ascoltare i testimoni, anche su sollecitazione dei difensori di Murolo che il 4 aprile nel corso dell’udienza preliminare che era stata fissata per la strage, chiederanno ufficialmente che si proceda all’apertura di un’inchiesta che possa anche valutare l’ipotesi di un omicidio colposo. Non ci sono iscritti nel registro degli indagati e neanche ipotesi di reato certo ma le domande alle quali il pm vuole risposte arriveranno solo dal seguito delle indagini serrate disposte in questi giorni anche se per il deposito degli esami autoptici e di quelli tossicologici occorre aspettare novanta giorni. Come mai nessuno si è accorto che Murolo non ingerisse i farmaci, visto che già a luglio aveva provato a suicidarsi allo stesso modo? È stato prudente lasciare che il paziente respirasse da solo e senza l’ausilio di macchinari a 24 ore dal tentativo di suicidio? Le indagini sono dunque orientate sia sul ruolo dell’apparato carcerario, sia su quello dei medici che hanno assistito l’uomo nelle sue ultime ore di vita. Una strage familiari con pochi precedenti quella che mise in scena Murolo alle tre del pomeriggio del 15 maggio. La prima a morire fu la cognata: un colpo di pistola al petto. Poi il fratello che era corso in suo aiuto. Non domo, in preda ad un raptus folle si affacciò dalla finestra e iniziò a fare fuoco con i fucili che aveva in casa: una “santabarbara”. Ferì cinque persone e ne ammazzò altre tre. Il cuoco del Convitto di piazza Dante, Luigi Cantone che in quel momento era sullo scooter tornando a casa, un vigile che per primo provò a calmarlo, Francesco Brunier, e Vincenzo Cinque, anche lui agente di polizia municipale che morì dopo due mesi di agonia. Una strage senza un movente anche se si ipotizzò, così come sostenuto da alcuni testimoni che la rabbia era stata scatenata dai panni stesi su un ballatoio che per metà era di Murolo e per metà di suo fratello e sua cognato, loro vicini di casa.
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