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27 Giugno 2020 - 12:47
Le rivelazioni choc dell’ex ras Umberto D’Amico detto ’o lione, oggi pentito
NAPOLI. «Mio padre a 5 anni mi ha regalato una pistola. Fin da piccolo sono entrato nel clan D’Amico». Frasi choc messe nero su bianco, ancora più importanti di quelle pronunciate successivamente, dal ras pentito Umberto D’Amico, non a caso chiamato “’o lione” negli ambienti di malavita di Napoli est: l’area orientale della città che va da San Giovanni a Teduccio a Ponticelli passando per Barra. Il collaboratore di giustizia, oltre ad aver permesso di ricostruire con precisione “l’omicidio dello zainetto”, ha offerto agli inquirenti un inquietante spaccato di camorra. A cominciare dal racconto dell’arma vera con cui giocava da bambino e della prima azione di fuoco compiuta a 13 anni.
LE RIVELAZIONI. Nel primo interrogatorio da pentito, a luglio 2019, Umberto D’Amico consegnò al pm antimafia 4 fogli scritti a penna. Ecco il contenuto del primo, inedito giornalisticamente, per intero, con la consueta premessa che le persone citate devono essere ritenute estranee ai fatti narrati fino a prova contraria. «I capi dei clan D’Amico sono Gennaro, Salvatore e Luigi. Si tratta dei miei zii Gennaro e Salvatore e di mio padre Luigi. Attualmente sono detenuti. Il clan D’Amico esiste da quando sono nato ed è alleato al clan Mazzarella dal 1995 o 1996, a Vincenzo e Roberto Mazzarella. Io sono entrato nel clan da piccolo: mio padre a 5 anni mi ha regalato una pistola». «Ho incontrato Vincenzo Mazzarella quand’ero piccolo. Andai a Marbella con mio padre e Vincenzo Mazzarella, che credo all’epoca fosse latitante. Roberto Mazzarella nel 2006 stava sempre a casa nostra e nel nostro vicolo. L’ho visto fino al suo arresto, che avvenne a Roma. Dopo di ciò, sul territorio fu sostituito da Gennaro D’Amico. C’erano anche Salvatore Fido, Gianluca Fummo, Marco Esposito Montefusco. Nel 2011 fu arrestato Gennaro D’Amico e restò sul territorio Salvatore D’Amico. Nel 2015 uscì dal carcere Salvatore D’Amico e prese in mano le redini del clan Mazzarella-D’Amico».
LA CARATTERISTICA. Infine, Umberto D’Amico ha rivelato agli inquirenti una caratteristica del clan cui apparteneva molto simile a quella dei Di Lauro di Secondigliano. “Chiunque, tra i grossi nomi dei D’Amico-Mazzarella è fuori, prende in mano le redini del clan”. Dando anche la conferma che il raggio d’azione non era limitato alla zona orientale della città. “Il clan D’Amico opera a San Giovanni a Teduccio, Portici, San Sebastiano al Vesuvio e San Giorgio a Cremano. A San Giovanni c’ero io, a San Giorgio a Cremano Portici Umberto Luongo e a San Sebastiano al Vesuvio Giovanni Musella”. Negli altri 3 fogli consegnati al pubblico ministero durante l’interrogatorio di luglio Umberto D’Amico “o’ lione” ha scritto su altre importanti circostanze relative all’organizzazione e alla composizione del clan D’Amico. Mentre a voce ha parlato dell’omicidio di Luigi Mignano, ammazzato nel rione Villa ad aprile 2019 mentre accompagnava il nipotino a scuola. Il bambino scappò e lasciò a terra lo zainetto.
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