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L’atroce vendetta della cosca: «Assassinare il bimbo del killer»

L’atroce vendetta della cosca: «Assassinare il bimbo del killer»

Il racconto horror del pentito Carra: «Doveva essere una cosa inaudita»

NAPOLI. Non tutte le faide di camorra si consumano “soltanto” a suon di stese e agguati. Alcune si spingono, se possibile, ancora più in là esplorando territori che sconfinano nell’orrore. Ed è quello che quattro anni fa ha rischiato di accadere al rione Traiano, dove secondo il neo pentito Gennaro Carra il clan egemone sarebbe stato in procinto di attuare un’atroce vendetta trasversale: rapire e uccidere un bimbo la cui unica “colpa” era quella di essere il figlio di un ras scissionista.

Dopo aver ricostruito l’intera rete di narcos e pusher al servizio delle cosche di Soccavo, l’ex boss del clan Cutolo decide quindi di alzare il tiro fornendo agli inquirenti della Procura antimafia scottanti retroscena anche in merito ad alcuni gravissimi fatti di sangue. Tra le rivelazioni affidate al pm della Dda Francesco De Falco ce n’è una, in particolare, a dir poco da brividi. Carra spiega innanzitutto il motivo che ha scatenato la faida del 2016 tirando in ballo, oltre agli scissionisti guidati da Salvatore Basile, anche il boss Francesco Petrone “’o nano”: «Salvatore Basile, Gennaro Cozzolino, Salvatore Lazzaro, Emanuele Manauro e Gianluca Orfeo erano il gruppo di fuoco del clan Puccinelli», ha subito messo in chiaro Carra entrando poi nel merito dello scontro tra le due fazioni: «Prima gestivano le piazze di spaccio del clan Puccinelli, poi nel 2016 si sono scissi per vari fattori. Loro era fedelissimi di Salvatore Petrone, il figlio di Francesco Petrone. Inizialmente avevano delle lamentele riguardo alla retribuzione, perché Francesco Petrone non gliene dava più una adeguata».

Insomma, una questione di soldi e potere: «Loro - ha spiegato l’ex ras Carra - prima prendevano una percentuale sulle piazze di cui erano i gestori. Un giorno Francesco Petrone si prese tutti i soldi e poi loro si sono anche accorti che il figlio di Gennaro Cozzolino, che ha sei anni, volevano fare finta di portarlo a fare un giro e lo volevano fare cadere con la testa a terra. Di questa cosa loro se ne sono accorti, volevano fare una cosa inaudita». Genni Carra, nel riportare l’episodio, non ha quindi nascosto un certo sgomento: «Io non riesco a capire come Gennaro Cozzolino possa ancora difendere queste persone e stare dall’altra parte. gli volevano fare un torto inspiegabile».

Un resoconto da brividi, che Carra potrebbe essere presto chiamato ad approfondire ulteriormente. Gli scissionisti del rione Traiano, così come il capoclan Francesco Petrone “’o nano”, che però si trova attualmente ai domiciliari per problemi di salute, stanno già scontando delle condanne di assoluta consistenza, ma non è da escludere che, proprio sulla scorta delle rivelazioni di Carra, siano in futuro aperti ulteriori, nuovi procedimenti. Lo stesso collaboratore di giustizia ha del resto affermato senza mezzi termini di conoscere più che bene i ras del cartello Puccinelli-Petrone: «Avevamo rapporti giornalieri e ci siamo, come si suol dire, spartiti le zone, cioè le piazze di spaccio, al cinquanta per cento».

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