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18 Luglio 2020 - 16:59
NAPOLI. Trent’anni da “invisibile”. I primi venti trascorsi da emerito sconosciuto, o quasi, agli archivi delle forze dell’ordine, gli ultimi dieci da super boss ristretto al carcere duro. E proprio quest’ultima condizione rischia di protrarsi ancora per molto tempo. Per il boss Cesare Pagano, capo indiscusso degli Scissionisti di Secondigliano insieme al cognato Raffaele Amato, il ministero della Giustizia ha appena prorogato il regime detentivo del 41bis. Tradotto: anche da qui ai prossimi due anni i contatti del ras con il mondo esterno saranno ridotti ai minimi termini.
Nonostante siano passati ormai dieci anni esatti da quando la Squadra mobile di Napoli riuscì a stanarlo in una villetta in località Licola, “Cesarino” continua dunque a essere considerato dagli inquirenti come un soggetto di estrema pericolosità sociale: a preoccupare sono soprattutto le sue potenziali capacità di tenere ancora ben salde le redini dell’organizzazione criminale che nel 2004 dichiarò guerra al clan Di Lauro inaugurando una stagione di sangue e terrore che la città non ha mai dimenticato. Gli Scissionisti, dal canto loro, continuano tutt’ora a dimostrare la propria egemonia su vaste porzioni dei territori di Scampia e Secondigliano, oltre che dell’hinterland nord, soprattutto nei comuni di Melito, Marano e Casavatore.
Preso atto della persistenza di quella che a tutti gli effetti può essere definita come una polveriera pronta a saltare da un momento all’altro - se innescata - il ministero della Giustizia ha dunque deciso di confermare il regime del carcere duro per Cesare Pagano, attualmente detenuto nel penitenziario di massima sicurezza di Cuneo: la proroga avrà durata di due anni. Sulla testa di “Cesarino Pagano”, vale la pena ricordarlo, pendono ad oggi qualcosa come ben ventidue accuse di omicidio: tutti consumati tra la prima e la seconda faida di Scampia. Eppure il capo del clan degli Scissionisti di Secondigliano fino ad ora non ha rimediato neppure una condanna definitiva all’ergastolo.
L’ultima occasione in cui è riuscito a scampare al carcere a vita risale appena allo scorso maggio, quando è stato definito il processo di primo grado per i presunti responsabili del triplice omicidio Maisto-Irollo-Matrullo. Il giudizio, celebrato con la formula del rito abbreviato, si è dunque concluso con un clamoroso colpo di scena. Vincente si era rivelata la strategia portata avanti dal difensore del boss Pagano, il penalista Domenico Dello Iacono, il quale è riuscito a ottenere un triplice risultato: l’assorbimento dell’aggravante dei motivi abietti e futili in quella della finalità mafiosa; l’assorbimento della detenzione d’arma nell’accusa di porto; e il riconoscimento delle attenuanti generiche equivalenti sulle aggravanti.
Incrinato il pesantissimo quadro accusatorio, il boss della federazione scissionista ha così evitato ancora una volta l’ergastolo, cavandosela con trent’anni di reclusione. Sulla testa di Cesare Pagano pendono ad oggi in tutto ventidue accuse di omicidio. Se non è un record poco ci manca. Anche per gli altri due imputati eccellenti, entrambi accusati di essere stati gli esecutori materiali del delitto Maisto-Irollo, non erano comunque mancate le sorprese. Sia Carmine Pagano, nipote di Cesare, che Oreste Sparano hanno infatti evitato la condanna al carcere a vita, incassando la pena di vent’anni a testa. Nonostante i verdetti in parte favorevoli, la permanenza del capoclan Pagano in regime di isolamento si prefigura però ancora assai lunga.
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